mercoledì 24 febbraio 2010

Il mito del fare campioni del mondo!

Chiedo scusa a Tz e al suo post "essenziale", ma la cronaca ci impone di stare sul pezzo. Anche il titolo di oggi potrà sembrare criptico, ma non è così. Nella puntata di iersera di Ballarò, si è capito perché Berlusconi e il suo pidielle vogliono la par condicio in Rai. Bastava dare un'occhiata agli ospiti che si confrontavano: da una parte Scajola e Bocchino, dall'altra Bersani e soprattutto Renatino Soru. Un po' come invitare ad un dibattito sulla musica rock dagli anni '60 ad oggi, i Pooh da una parte e gli Who dall'altra... Bersani e Soru uomini di politica, Scajola e Bocchino uomini di propaganda. Che tra l'altro non riescono a fare neppure tanto bene. E infatti, dal confronto di ieri, ne sono usciti, non dico con le ossa rotte, però con qualche fratturina scomposta sì. Bocchino soprattutto ha mostrato la sua inadeguatezza al dibattito politico, limite che è venuto palesemente fuori di fronte a un Renato Soru decisamente ritrovato. Scajola se l'è cavata un filino meglio, ma in questi casi diventa inevitabile porsi l'antica domanda: è meglio la cacca di cavallo o quella di cane...? Il nostro ministro è riuscito a tirare fuori, nel corso della trasmissione, l'arcaico spettro dell'Unione Sovietica. Fin qui nulla di anomalo, la cosa esilarante è che l'"accusa infamante" di sovietismo non era rivolta a Bersani, ma a Soru! Tra un vecchio militante del pc e un imprenditore, chi accusiamo di sovietismo? L'imprenditore, logico! La lucidità di questa maggioranza è invidiabile...
Dall'altra parte, è bello poterlo dire, un Soru ritrovato! Pimpante, aggressivo, è stato capace di scagliare un paio di frecciatine belle taglienti. Chissà, l'aria di Ballarò, la vicinanza del segretario del suo partito, la pochezza degli interlocutori che aveva di fronte, la fronda che rischia di far cadere la giunta Cappellacci, fatto sta che ha recuperato lo smalto perduto. Qualche incertezza, qualche momento non brillantissimo, ma sono pause che lui si concede normalmente. Voto positivo. E' parso anche più brillante di Bersani, il quale, al contrario, sembrava un pochino svogliato. Forse avere di fronte Scajola e Bocchino non è il massimo della motivazione... Comunque pure lui è andato piuttosto bene, pur con 2/3 battute a vuoto: i due che aveva davanti sono poca cosa, ma non vanno sottovalutati. Soprattutto il secondo, che sembra essere andato a lezione di ottusità dall'emerito professor Gasparri. Come avrete modo di vedere nel video sotto, un breve estratto. Stando a sentire lui, Bocchino, questo governo si è fregiato di diversi record. Ma non record per gli standard italiani, record in senso assoluto, mondiale! Da qui la risposta di Soru, che dà anche il titolo al post. Una risposta divertente, in cui ha paragonato Scajola e Bocchino a due ragazzini. A dir poco esilarante! E Bocchino come ha risposto? "Non è vero"! Oh cielo, proprio come i ragazzini! Poi, per recuperare un po' di dignità ed uscire dal momento imbarazzante, ha articolato un pensiero lucido e ficcante: "Lei Soru ha perso le elezioni, i sardi l'hanno cacciata". In puro stile Gasparri!! Il volto di Soru in questo momento valeva più di mille parole: ma chi mi ritrovo davanti, un idiota?! Eh sì, Renatino, direi proprio di sì. Bocchino rincara con un "non capisco proprio", al che Soru risponde con un bel gancio sul mento: "Io capisco che lei non capisca, però provi a lasciarmi parlare e vedrà che capirà". Ma Bocchino non solo non capisce, non ascolta neppure: "Neanche i sardi l'hanno capita", e via di questo passo. La solita tattica di gettare fumo sui ragionamenti altrui per non far capire più una mazza. Renatino però è tornato quello dei tempi d'oro, e giù un'altra legnata sulla non "regolarità mediatica" delle elezioni in Sardegna. Un sassolino che aveva nella scarpa da parecchio tempo, il nostro Renato. Entra in scena Scajola, sorriso sulle labbra, tarallucci in una mano e vino nell'altra, ma con Soru non attacca. Anzi, il nostro si lancia in citazioni letterarie che difficilmente potrebbero essere capite dall'altra parte. Quando Soru parla di Calvino, Scajola probabilmente starà pensando che questo Calvino sia un consigliere regionale sardo... E risponde a proposito: riforma della giustizia. Perché? Per diritto divino, sembrerebbe, dato che loro "sono nati per fare riforme"... Eccolo qui, il mito del fare campioni del mondo! Fare male non importa, purché si faccia! Gasparri ha più allievi di quanto si possa immaginare...!
Tema giustizia: Soru racconta la sua esperienza, concludendo con un "mi voglio difendere nel processo, non dal processo". Ecco Scajola che tenta una battuta, porgendo i tarallucci e con l'alito che ormai sa di alcol. La risposta di Soru è fredda, implacabile. Un uomo di un altro pianeta, come l'ha definito Scajola stesso. In senso negativo, ovvio. Però Soru è davvero un uomo di un altro pianeta, un pianeta di cui noi vorremmo far parte. Lontano da questo "mondo", fatto di campioni arroganti e bugiardi. E, soprattutto, impresentabili.
E ora lascio a voi la visione!



QUI potete trovare la puntata intera.


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Pensare fa male

Ammettiamo pure che esista un qualcosa che chiameremo, per convenzione,“essenza“, una sorta di tratto distintivo, la nostra
“impronta attitudinal/coscienziale“ che per necessità deve prescindere dall' esperienza. Stiamo cercando di trovare quella “forma“ che renda possibile la spiegazione di un tal gesto, una tal volontà o una tal specificità di reazione a stimoli vari, sempre al di fuori del dominio empirico. Un pò come dire che
l' individuo e le sue scelte non sono altro la sintesi tra esperienza ed essenza. Il tutto parte da un discorso affrontato con J. In cui io sostenevo strenuamente che tutto, e proprio tutto, ciò che ci riguarda e caratterizza, provenisse esclusivamente dall'esperienza. Tra l 'altro J. che proprio “spiritualista “ non lo si può certo definire, stava implicitamente ammettendo, attraverso le sue teorizzazioni su una ipotetica essenza, la possibilità di un qualcosa molto simile all' “anima“. Una specie di coscienza primordiale ed extra-empirica che sarebbe a capo delle nostre attitudini più “ rudimentali “. Ci riflettevo oggi, sul tram.
Pensavo al vizio del fumo e a come questo vari da persona a persona. Prendiamo i ragazzi che vivono con me, due fumatori su quattro, ed entrambi fumatori “lievi".E' capitato, in alcune circostanze, che mi chiedessero come mai fumassi dopo colazione o in ogni caso più di loro, cercando di persuadermi del fatto che per loro fumare in certe occasioni fosse davvero superfluo. Tipi da 4-5 sigarette al giorno, salvo alcune eccezioni in cui l' alcool richiede più sigarette della norma. Per quanto mi riguarda, la modalità di relazionarmi alle sigarette o a qualsiasi altro tipo di sostanza che crei una certa dipendenza, come droghe o alcool ( n.b. per me sono da considerarsi droghe anche cose quali videogiochi, calcio, insomma qualsiasi vizio che ci propina la società moderna ) è profondamente diverso. Io miro, se vogliamo esser sintetici, all'eccesso in tutto, specie per quelle cose che comunemente vengono definite droghe o presunte tali. Mi chiedevo a proposito se il mio modo di rapportarmi a queste "sostanze“ derivasse dall' esperienza o da questa fantomatica “essenza“. Per dire, ho provato a fumare “ solo dopo i pasti “, ma è stata più una tortura che un piacere, mentre per quanto possa apparire paradossale, mi viene molto più facile smettere totalmente che razionarmi le sigarette. Ovviamente questa peculiarità è applicabile a svariate situazioni che che differiscono da un semplice vizio o una dipendenza da qualsivoglia cosa. E' un mio tratto distintivo. Quest' ultima affermazione, questo “ tratto distintivo “ è ciò che qualche pagina fa ho etichettato come “essenza“, o procede dall'esperienza ? E soprattutto è realmente applicabile a tutto o ci sono situazioni in cui tale specificità della mia persona viene meno? In soldoni, che cosa si intende per “attitudine"? E' questa frutto dell'esperienza? E se cosi non fosse come dimostrare una ipotetica sovra-coscienza pre-natale che come un filamento di dna determina, influenza e accompagna, per un certo verso le nostre scelte?



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martedì 23 febbraio 2010

Quando c'era ancora il boma in legno.




Il titolo di questo post è meno criptico di quanto si possa pensare, basta guardare il filmato. Trattasi di video-intervista a Ugo Cappellacci, governatore-ombra della Regione Sardegna. Intervista in cui Ugo parla della passione della sua vita, che non è la politica. I sardi potrebbero dire "Noi lo sappiamo già!", ma ciò comunque non mi impedisce di sospirare un "Pensa se fosse stata la politica..."! E infatti anche Ugo, nella sua semplicità (che noi in questo blog abbiamo sempre sottolineato) afferma: "Fate bene a non credere ai politici"; da un lato suscita compassione per la sua figura, dall'altra provoca un pò di rabbia. Ugo, questa tua convinzione avresti potuto confidarcela durante la campagna elettorale di un anno fa, invece di startene tranquillo e in disparte, alle spalle del Vecchio Rincoglionito, che allietava le folle col suo campionario di barzellette razziste/sessiste (A proposito: pare che Silvio, nel suo ultimo incontro con Bertone, abbia raccontato una barzelletta approcciando così il cardinale: "Eminenza, senta questa: ci sono il Papa e due mignotte...").
Se ce l'avessi detto prima di non credere ai politici, caro Ugo, quelli che ti hanno votato non si sarebbero lasciati abbindolare dalle vostre mirabolanti e inverosimili promesse, tra cui un incredibile telefonata a Putin: ma, dico io, secondo te Silvio e Putin come avrebbero potuto comunicare tra loro? Wladimir non parla italiano e l'inglese di Silvio è a livello di "De buk is on de teibol"...! Oggi non saremmo in questa situazione, se solo tu avessi fatto della tua passione un lavoro, invece di dirottare il tuo tempo e il nostro denaro nella politica e nelle tasche di Zuncheddu. Avresti potuto risparmiarti la miseria e i problemi che hai incontrato in campagna elettorale (parole tue) per dedicarti esclusivamente al mare.
Andare da solo con le derive, invece di portarci tutti alla deriva...



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venerdì 19 febbraio 2010

D I M I S S I O N I.

Questo il contenuto delle intercettazioni riguardanti il governatore-ombra della regione Sardegna, Ugo Cappellacci.

Verdini: «Ti passo il presidente della Sardegna... che è un amico... quello che tu mi avevi detto che volevi salutare... te lo passo e poi dopo fisso un incontro con lui».
Cappellacci: «Piacere di conoscerti».
Fusi: «Anche a me».
Cappellacci: «E poi abbiamo un caro amico comune.... quindi per la proprietà transitiva ... c’abbiamo un'amicizia».
Fusi (ridendo): «Te hai anche una bellissima terra...».
Cappellacci: «È la più bella d'Italia ... non una “bellissima terra”. Semplicemente la più bella d’Italia».
Fusi: «Io sono innamorato di quella terra lì». (Cappellacci ride). Un po’ meno dei sardi...».
Cappellacci: «Guarda... sfondi una porta aperta... perché ho la consapevolezza del vero grande limite della Sardegna: noi sardi. E quindi...» (ride ancora) I due si salutano, non prima che il presidente, ricambiato da un laconico «grazie», abbia detto: «Spero di poterti conoscere presto di persona». La conversazione tra Fusi e Verdini riprende. Ma parlano ancora di Cappellacci.
Verdini
: «C’avrebbe delle aragoste pronte...».
Fusi
: «Si va in elicottero a prenderle...».
Verdini: «Non “a prenderle”. Si va a mangiarle là. Non le dà».
Fusi: «Non le dà?».
Verdini: «Le devi mangiare sul luogo...».

Prima una considerazione personale: il limite della Sardegna non sono i sardi, ma tu Ugo, grandissima testa di cazzo!

E adesso la considerazione politica: resta una sola cosa da chiedere, a gran voce:

LE D I M I S S I O N I DI UGO CAPPELLACCI!


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I paradossi del Pdl.

Fanno scalpore, creando anche un po' di confusione negli iscritti del Pdl, le ultime dichiarazioni del premier: "Pene più dure per chi commette reati di corruzione". In tanti si guardano perplessi, altri invece credono di capire dove sta l'errore: i giornali hanno riportato male la notizia, che in realtà sarebbe questa: "Pene più duro per chi commette reati di corruzione". Insomma, niente di strano, pensano, l'ennesima legge ad personam... Il panico si scatena subito dopo, con le dichiarazioni successive: "Via dal Pdl chi commette reati". Qualcuno sorride, alcuni si danno di gomito in segno di impunita complicità, ma il Premier va sino in fondo e aggiunge: "Mi dimetto". Sudori freddi, sguardi allibiti, qualcuno è già in preda alla disperazione...

Il presidente Berlusconi ha rassegnato le dimissioni a se stesso. Il quale, come ha fatto con Bertolaso e Cosentino, le ha respinte...

All'interno del Popolo della Libertà si tira un sospiro di sollievo.


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giovedì 18 febbraio 2010

2068

La mediocrità è consapevolezza, consapevolezza di essere mediocre.
Avrete, sulla punta della vostra lingua, una lista invidiabile di nomi di individui, sopra la cui schiena appiccichereste volentieri l' aggettivo mediocre, un giudizio chiaro, conciso e svilente, cio che rifuggite con veemenza in qualsiasi circostanza... La mediocrità, come la definireste voi? un orgasmo strozzato, il retrogusto di marcio su di un piatto prelibato... un castello di sabbia che crolla solo per un pezzetto, una ciambella col buco in cima...quel risolino di soddisfazione per chi affonda gli arti inferiori un centimetro in piu rispetto a voi nella merda...no, mi spiace, questa è inettitudine non mediocrità. Essere privi di sogni, di capacità d' iniziativa, del benchè minimo talento e adagiarsi ad una vita fatta di poche aspettative, non avere interessi artistici, culturali, essere materialisti...mediocrità non significa essere nessuna di queste cose.
Mediocrità è presunzione, poca umiltà, talento inespresso, mediocrità è annaffiare le piante con l 'acqua minerale e bersi quella del cesso, scegliere di adagiarsi quanto prima e quanto più possibile sulle cose meno faticose...mediocrità è scegliere in base al prodotto tra minor fatica e male minore, esser disposti a lamentarsi sempre e comunque, è perenne insoddisfazione ed egoistico bisogno d' esser continuamente compatiti. Mediocrità è specchiarsi negli occhi degli altri, sentirsi speciali senza far nulla per esserlo. Inettitudine è la parola quasi. Mediocrità è la parola circa.




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mercoledì 17 febbraio 2010

Soru parla di Bertolaso.

Renato Soru parla di Bertolaso e del mancato G8 a La Maddalena in un'intervista rilasciata alla Nuova Sardegna. Cosa emerge? Che finché c'era Prodi al governo, i lavori procedevano nella via della legalità. Poi arriva Berlusconi, e Bertolaso, forse per fare bella figura con il Vecchio Puttaniere Rincoglionito, decide che la fisioterapista non gli basta più e vuole farsi pure... la Maddalena.

- Soru, il G8 è stato un colossale fallimento?
«Un vetro rotto o un mattonella saltata dentro gli hotel alla Maddalena non possono autorizzare nessuno a parlare di fallimento. Diciamo che è un progetto - uno straordinario progetto di riconversione economica, sociale e anche culturale - che si è interrotto».


- Lei è un po' il padre di quel progetto. Qual è ora il suo stato d'animo?
«Il G8 ha tanti "padri". Eravamo nel 2007, l'Italia doveva organizzare il G8 del 2009, Prodi era il presidente del consiglio. Ricordo che per il G8 si pensava a un'isola, in modo che fosse facile da proteggere. Prodi stava pensando a Capri. Con il sostegno di Enrico Letta, sottosegretario, e di Arturo Parisi, ministro della Difesa, infine decise diversamente. Io proposi a Prodi di farlo alla Maddalena. E lui mi chiese se ero sicuro di farcela. Posso dire che li aveva convinti il progetto».


- Quello del "via i militari, ecco i turisti" lanciato alla Maddalena in campagna elettorale?
«E' ovviamente una cosa più complessa. Io mi sono occupato della Maddalena con convinzione, con coscienza. Mi ero impegnato perché la base militare degli americani andasse via. L'ho fatto anche per ragioni di sicurezza e perché pensavo che fosse una fonte di potenziale pericolo per la salute dei cittadini. Ma, compiuto quel passo, dovevo dare un'alternativa economica e sociale. Il G8 doveva essere lo strumento, e in parte lo è stato, per rendere praticabile un'economia turistica, basata sull'industria nautica».


- Bertolaso ha avuto il merito di credere a questo progetto, almeno inizialmente.
«Finché Prodi è stato presidente del consiglio, Bertolaso è stato molto corretto. Chiamava la Regione, concertava tutti gli interventi. Del resto, Prodi, nell'ordinanza sul G8, stabiliva che la struttura di missione doveva essere al servizio della Regione e della presidenza del consiglio. E così è stato fino a quando non è arrivato Berlusconi».


- Perché, che cosa è cambiato?
«La struttura di missione si è sentita più libera. Io ho conosciuto Bertolaso e ho potuto apprezzare le sue grandi capacità. Penso alla campagna antincendi. Nella gestione della Maddalena non ho riscontrato altrettanta efficienza e competenza. C'era un budget iniziale, tutto poteva essere realizzato con quei soldi. Poi, improvvisamente, i prezzi sono schizzati. Voglio raccontare un piccolo particolare. Potrà sembrare insignificante, ma a mio parere non lo è. Il porto dell'ex arsenale aveva uno straordinario banchinamento in granito, del 1800. E' stato cancellato, ricoperto con altro granito. Una spesa dannosa per la storia di quel posto, e per le casse pubbliche».


- Lei ha avuto più volte scontri con la struttura di missione, il suo carattere era messo sott'accusa...
«Il mio carattere non c'entra niente. Io non avevo forza per le mie qualità personali, ma perché me la dava la Sardegna e perché avevo la volontà di rappresentarla, quella forza, a difesa degli interessi della Regione».


- Infatti, in una telefonata del gennaio 2009, Bertolaso mostra di essere felice perché lei non è più presidente e perché può fare i bandi per gli alberghi come gli piace.
«Questo non lo so. Quella telefonata dimostra almeno due cose. Intanto che io non facevo parte di quel vasto sistema che oggi viene contestato. Anzi, ero un elemento di disturbo. Ma più ancora fa capire che non si aveva più il necessario rispetto delle istituzioni democratiche della Sardegna. Ero in campagna elettorale e non ero già più presidente, ma c'era un vicepresidente, Mannoni, con il quale Bertolaso avrebbe dovuto concertare i bandi di gara. Invece sono stati calpestati i diritti della Sardegna, e stanno continuando a farlo ancora di più dopo quel febbraio 2009».


- Ossia da quando Cappellacci è diventato presidente della Regione.
«Quei bandi sono stati quasi un esproprio. Perché hanno tolto alla Sardegna il diritto e il dovere di farli e perché hanno tolto alla Sardegna la possibilità di incassare la massima parte del canone d'affitto, soldi utili per recuperare le spese fatte per i lavori alla Maddalena. Il nuovo presidente della Regione non solo si è fatto sottrarre le proprie prerogative, ma ha addirittura difeso i risultati di quella gara, senza fare quello che dovrebbe».


- Sta dicendo che la gara per i due alberghi deve essere annullata e rifatta?
«Credo che la Regione, che è proprietaria delle aree e delle strutture, debba richiede la ripetizione della gara e di farla autonomamente. Non voglio entrare nel merito dell'inchiesta penale, e spero che tutti possano mostrare la loro innocenza, ma penso che la Regione, qualora le responsabilità venissero accertate, abbia il dovere di costituirsi parte civile per i danni subiti».




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martedì 16 febbraio 2010

Carnevale a Dusseldorf.

I rapporti tra mafia e Berlusconi? Intimi, a giudicare da quest'immagine... Così è visto Silvio Berlusconi in Germania, questo è uno dei carri che hanno sfilato nel carnevale di Dusseldorf. In Italia, una cosa del genere verrebbe punita con la pena di morte. L'accusa? Lesa Maestà! Sua Emittenza non gradirebbe affatto...


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lunedì 15 febbraio 2010

Le dieci domande di Scalfari, le dieci risposte di Bertolaso.

Nel suo editoriale di ieri, Eugenio Scalfari ha posto 10 domande al capo della Protezione civile Guido Bertolaso, che oggi ha risposto. Riporto qui domande e risposte che ho tratto dal sito di Repubblica.


1. Non si è accorto che l'estensione della Protezione civile ai Grandi eventi del tutto disconnessi dalle catastrofi causate dalla natura o dagli uomini, era al di sopra delle possibilità di un regolare servizio?
"Mi sono accorto del contrario e resto convinto delle ragioni che hanno portato il Governo Berlusconi prima, il Governo Prodi poi, ed infine l'attuale Governo Berlusconi a confermare al Dipartimento la gestione dei Grandi Eventi. La ragione: quella della Protezione civile è l'unica normativa che considera, in linea con le normative comunitarie relativamente alla accelerazione delle procedure, la variabile "tempo" come reale e cogente".
"Quando ci sono scadenze, quando bisogna concludere qualcosa entro una data non procrastinabile, anche in relazione ad esigenze di sicurezza e di tutela degli interessi primari della collettività, l'unico strumento che funziona è la normativa citata. Ripeto: normativa, non anarchia o autorizzazione ad esercitare la pirateria a nome dello Stato, normativa per di più comprensiva di controlli e autorità di vigilanza, mai abrogate".

2. Se se n 'è accorto, ha comunicato questa sua preoccupazione al presidente del Consiglio? Ottenendo quale risposta?
"Ho comunicato alla Presidenza più volte - e non solo durante questo Governo - la mia preoccupazione relativa all'aumento delle richieste di dichiarazione di grande evento da affrontare con la figura del Commissario Straordinario. A mio avviso c'era e c'è da domandarsi come mai continuano ad aumentare le richieste di dichiarare situazioni di ogni tipo particolari e diverse dalle altre, che siano grandi eventi, emergenze, o altre fattispecie. A me pare che ciò costituisca un segnale, inquietante, dell'aumento della difficoltà delle Amministrazioni a gestire in ordinario il territorio affrontando situazioni complesse. Nessuno, né in Parlamento né fuori, ha finora dato cenno di condividere la necessità di una revisione e di un ammodernamento della normativa, per poter consentire alle Amministrazioni di affrontare efficacemente in via ordinaria le problematiche del governo del loro territorio".

3. Non si è reso conto che la creazione della Protezione civile Spa rendeva permanente quest'anomalia e confiscava ulteriormente i poteri legislativi del Parlamento?
"Come già Le ho scritto la settimana scorsa, il decreto legge non prevede affatto la trasformazione della Protezione Civile in società per azioni, la quale viceversa, con personale capace e preparato, continuerà nella sua missione. La Spa è uno strumento tecnico in più, che, con l'esperienza acquisita nelle emergenze, non ultima quella aquilana, rimette nella mani del "Pubblico" competenze da "general contractor" che la pubblica amministrazione ha perso negli ultimi decenni, rendendola nuovamente in grado di seguire giorno per giorno i lavori di cui lo Stato è committente e sottraendosi al ricatto del "mercato", all'ormai abituale ricorso ai vari modi di implementare i prezzi che azzerano nei fatti la sostanza stessa delle gare che si svolgono, oltre a provocare inevitabilmente il rinvio a tempi ignoti della consegna della commessa. Aggiungo, viste le circostanze, che tutto si gioca, come sempre, sulla scelta delle persone giuste nei posti giusti. Ho potuto farlo all'Aquila, mentre in precedenza ho lavorato con le massime autorità competenti per le opere pubbliche che ho trovato. Se queste persone già investite di ruoli importanti e delicati non erano all'altezza del loro compito, il chè deve ancora essere provato, posso solo dire, senza violare alcun segreto investigativo, che la prospettiva che si possa lavorare assumendo in pieno anche la responsabilità della scelta accurata dei collaboratori mi pare un passo avanti e una garanzia in più".

4. Ha comunicato al presidente del consiglio questa sua eventuale preoccupazione?
"Rendere lo Stato efficiente non è una anomalia, non ho mai sottratto poteri legislativi al Parlamento - affermazione in sé ridicola - , credo che lo Stato non sia solo gioco partitico, in parlamento e fuori, ma anche responsabilità di operare delle amministrazioni. Per questa ragione non avevo proprio nulla da comunicare al Presidente del Consiglio su questo punto. Avrei dovuto chiedergli che mi concedesse di rinunciare alle uniche norme che consentono di operare con efficacia, come ho dimostrato in questi anni. Per quale ragione? Per restare fermo a tempo indeterminato, in attesa che il Parlamento affrontasse il problema della capacità di decidere e fare delle Amministrazioni, sul quale ad oggi non ci sono neppure proposte?"

5. Si è reso conto che buona parte dei mutamenti apportati alla legge del 1992 potevano creare conflitti con l'ordinamento costituzionale?
"Non mi rendo mai conto di ciò che non c'è. Nessuna novità venuta dopo la legge del 1992 ha creato conflitti costituzionali. Nessuna norma è passata col parere contrario del Presidente della Repubblica, non ci sono state osservazioni neppure informali, non ci sono stati pronunciamenti della Corte Costituzionale né sono state sollevate fondate eccezioni di incostituzionalità. Da nessuno, tranne che da Lei oggi, neppure durante la discussione e l'approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha dichiarato la Protezione Civile materia concorrente con le Regioni, con le quali per noi è normale coordinarsi, anche per i Grandi Eventi, come è avvenuto per il G8 con la Regione Sardegna e successivamente con la Regione Abruzzo".

6. Ha riflettuto sul fatto che le ordinanze relative a quegli eventi (tra le quali c'è anche l'attribuzione alla Protezione civile del finanziamento delle celebrazioni per l'Unità d'Italia) sono un modo per evitare la firma del capo dello Stato eludendo così il suo controllo di costituzionalità?
"Se i Presidenti della Repubblica non hanno mai opposto il rifiuto o obiezioni alle leggi che consentono l'adozione delle ordinanze relative ai Grandi Eventi, se gli stessi non hanno mai espresso preoccupazioni di sorta al riguardo, confesso che non ho avuto stimoli per fare questa riflessione. Ricordo invece che i Presidenti della Repubblica hanno conferito due medaglie d'oro al valore civile al Dipartimento, mi hanno riservato rapporti personali diretti assolutamente cordiali, non hanno mai lesinato, in moltissime occasioni, i loro complimenti e il loro compiacimento per il mio operato. In occasione del G8 all'Aquila il Presidente Napoletano ha voluto pubblicamente manifestare il suo grande apprezzamento, a me e a quanti hanno lavorato con me, per l'organizzazione e la gestione dell'evento".

7. Ha informato di queste sue eventuali osservazioni il presidente del Consiglio? Quale risposta ne ha ottenuta?
"Per la stessa ragione, e cioè la mia incapacità di vedere pericoli dove li vede solo Lei, non ho informato il Presidente del Consiglio, che invece ha potuto prendere atto in molte occasioni, senza bisogno di suggerimenti, delle tante cose concrete positive realizzate dal Dipartimento".

8. Si è reso conto che, restando sottosegretario di Stato, esisteva un'incompatibilità assoluta con la carica di direttore del Dipartimento della Protezione civile? Questa incompatibilità è durata più di un anno. Per quale ragione?
"Sarei incompatibile se fossi sottosegretario alla Protezione Civile. Mi sono battuto sempre perché la competenza della Protezione Civile fosse propria del Presidente del Consiglio dei Ministri, risolvendo in questo modo il problema di evitare, nei tempi dell'emergenza, di affidarsi a forme di "coordinamento senza potere", esercitate da un Ministro pari grado di altri Ministri che dovevano accettare di farsi coordinare. Ho detto anche di recente che un conto è invitare i colleghi, un altro convocare le Amministrazioni e i loro titolari a riunioni a Palazzo Chigi. Questo vale in generale, a prescindere da chi sia l'inquilino di Palazzo Chigi. Sono stato sottosegretario per l'emergenza rifiuti in Campania dove ho anche operato come responsabile della Protezione Civile con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Risultati che dipendono dall'uso di quei poteri e normative di Protezione Civile, le uniche adeguate ad affrontare situazioni complesse e problemi dove il "tempo che passa" è determinante, che ora sembra Le creino insormontabili problemi di tenuta della democrazia. Anche adesso, comunque, non sono affatto sottosegretario alla Protezione Civile".

9. Bertolaso è stato indagato per reati connessi alla gestione dei rifiuti di Napoli, insieme al suo vice dell'epoca (che è una donna a lui ben nota e a lui fedelissima). Il processo per il suo vice è in corso. Per quanto riguarda lui è stato invece stralciato e trasferito a Roma. Può dirci a che punto si trova questo processo?
"Per quanto riguarda il processo relativo a mie condotte inerenti la gestione dei rifiuti in Campania, al momento mi risulta che ci sia stata richiesta di archiviazione per i quattro reati più gravi di cui ero indagato, mentre è in corso l'accertamento da parte del Gip per un ultimo reato di natura contravvenzionale, per il quale la legge prevede soltanto un'ammenda".

10. Porgo queste domande a Bertolaso perché egli si è sempre proclamato un uomo al servizio dello Stato e non dei governi. Se fosse al servizio di questo governo e lo dichiarasse francamente, non porrei questi interrogativi. Ma se è al servizio dello Stato avrebbe dovuto porseli e quindi: perché queste domande non se le è poste da solo e non ne ha tratto le conclusioni?
"Ripeto di essere un servitore dello Stato. Ho detto, anche nella ultima lettera che le ho inviato, che non sono servitore di questo o quel governo. Il che non vuol dire che non sia al servizio del Governo. Sarebbe assai originale e contraddittorio. Se la Sua vera domanda è: "si è reso conto che il suo operare ha creato situazioni che possono aver contribuito al consenso nel Paese dell'attuale Presidente del Consiglio?" rispondo di essermene accorto. Ho già detto che alcuni degli interventi che ho realizzato, a partire dalla fine della quindicennale emergenza rifiuti in Campania, sarei stato lieto di concluderli con il Presidente Prodi, che condivideva il mio Piano, mentre il Governo da lui presieduto non ne ha permessa la realizzazione. Non io, ma Napoli e l'Italia hanno perso più di un anno. Spiacente, ma non è un mio problema considerare che per "Stato" si deve intendere "l'Italia senza Berlusconi". Spiacente, è un problema del centro sinistra italiano, non dello Stato, non riuscire a fare a meno di questo Presidente perché unico collante buono a tenere insieme forze politiche che, quando non trovano accordo su questo comune bersaglio, danno regolarmente vita alla fiera del fuoco amico. Da servitore dello Stato, aspetto che questa congiuntura non brillante finisca, perché non aiuta nessuno a migliorare la qualità del servizio ai cittadini. Ma ciascuno si prenda le sue, di responsabilità. Un'ultima risposta la devo non ad una domanda, ma ad una sua affermazione. Personalmente ho grande considerazione per il lavoro della magistratura, credo indispensabile che esista una "macchina della giustizia" efficiente e responsabile, credo nel diritto dovere dei magistrati di fare il loro lavoro, prezioso per una società che vuole essere civile. Mi piacerebbe molto, invece, che i processi mediatici come quello che adesso si sta celebrando contro di me, che sono soltanto l'imputato pubblico di turno, scomparissero. Rispetto l'opinione pubblica, al punto da essermi fatto un punto d'onore nel meritare la fiducia dei cittadini, ma non credo le si renda servizio spargendo illazioni, informazioni non verificate, sospetti, teoremi di colpevolezza data per certa quando nessun giudice si è pronunciato. Questo sì, in violazione dei principi costituzionali. La libera stampa, se sviscera gli elementi di prova addotti dai giudici per una loro decisione, può rendere un servizio ai cittadini e al Paese. Quando spande fango, meno".

LA SUCCESSIVA REPLICA DI SCALFARI:

Egregio sottosegretario, la ringrazio per la pronta risposta alle mie domande. Osservo, tanto per cominciare questo mio commento alla sua lettera, che la sua rapidità le fa onore. Il presidente del Consiglio aspettò sei mesi prima di riscontrare le domande che il nostro giornale gli aveva posto e, dopo sei mesi, usò un libro di Bruno Vespa come strumento intermediario. Lei si presenta invece per quello che è, o almeno per quello che crede di essere o addirittura per quello che noi dovremmo credere che lei sia. Proverò dunque a districare l'essenza che sta dentro alle sue parole e cercherò di farlo con equanimità.

Quello che a lei soprattutto importa è il tempo. Lo dice varie volte nel corso della sua lettera. Scrive: "Quella della Protezione civile è l'unica normativa che considera la variabile "tempo" come reale e cogente". E più oltre: "Avrei dovuto forse chiedere al presidente del Consiglio che rinunciasse alle uniche norme che consentono di operare con efficacia? Per quale ragione? Per restare fermo a tempo indeterminato, in attesa che il Parlamento affrontasse il problema della capacità di decidere e di fare delle Pubbliche Amministrazioni?".

Lei mescola insieme due cose, egregio sottosegretario, che vanno invece tenute rigorosamente distinte, come infatti erano state distinte nella legge sulla Protezione civile del 1992 poi innovata dal governo Berlusconi. Una cosa è l'intervento della P. C. nel caso di catastrofe naturale (terremoti, inondazioni, frane, incendi, calamità meteorologiche eccetera) dove il fattore tempo è assolutamente cogente. Nel mio articolo di domenica scorsa le ho dato atto dei suoi pronti ed efficaci interventi ed ho scritto che in quei casi lei era autorizzato a "passare col semaforo rosso". Ma è cosa completamente diversa quella dei Grandi eventi diversi da quelli suddetti. Qui non c'è alcuna cogenza del fattore tempo. Si tratta di iniziative programmate a mesi o anni di distanza. A lei non piace star fermo. Leggendo la sua lettera e confrontandola con il suo modo di operare mi viene da pensare ad una sua natura ciclomotoria. Ma vorrà darmi atto che non può pretendere che le istituzioni debbano sovvertire i loro ordinamenti per soddisfare il suo desiderio di mobilità anche quando non ce n'è alcun bisogno.

Quanto all'ammodernamento della Pubblica amministrazione, il problema esiste ma non è un suo problema, oppure lo è come per qualunque cittadino. Istituzionalmente è un problema del Parlamento e del governo, non sta a lei motivare con esso la politica della Protezione civile. Apprendo dalla sua lettera che lei non è sottosegretario alla Protezione civile. Singolare notizia, anzi sorprendente. A che cosa è dunque delegato, signor sottosegretario? Qual è la sua funzione nel governo? Sarebbe molto interessante saperlo. Poiché di sottosegretari ce ne sono fin troppi e costano, lei potrebbe dimettersi visto che a Palazzo Chigi è uno sfaccendato. Perché non lo fa?

La Protezione Spa non è soltanto uno strumento tecnico posto al di fuori della Pubblica Amministrazione. Tra l'altro il decreto in discussione contiene una norma che vi sottrae da qualunque intervento della magistratura, con valenza addirittura retroattiva. Nessun controllo preventivo della Corte dei Conti e della giustizia amministrativa. Quanto è venuto a galla sulla gestione dei suoi appalti in Sardegna e in altri luoghi dovrebbe allarmare lei prima di ogni altro. Un verminaio, dove i vermi sono coloro che hanno beneficiato degli appalti destinati ad una ristretta e ben nota cricca. Lei scarica Balducci e De Santis (non in questa lettera ma in altre interviste rilasciate nelle ultime quarantott'ore a vari giornali). Ma il responsabile politico di tutta l'operazione è lei e insieme a lei il presidente del Consiglio che è - come lei dice - il suo unico referente. Non si possono rivendicare i successi e lavarsi le mani dal verminaio. Lei se ne rende conto, spero.

Lei è lusingato (lo scrive) per il fatto che molti anzi moltissimi chiedono di entrare a far parte dei Grandi eventi e si dice stupito di questa corsa verso la Protezione civile di chiunque debba portare avanti un suo progetto. Mi stupisco del suo stupore. La normativa che regola la P. C. dice infatti che la copertura delle vostre spese viene effettuata prendendo i denari dove ci sono, da qualunque capitolo di spesa, da qualunque fondo di riserva. Sempre in ottemperanza al criterio della velocità. Ma poiché ormai il ventaglio dei vostri interventi è diventato amplissimo e le spese sono altrettanto cresciute, questo stravolgimento delle poste di bilancio spiega il perché di tante attese riposte in lei. Ed è anche la spiegazione del vincolo a doppio filo che lega lei al premier e questi a lei: governate senza il Parlamento, senza i ministri competenti per materia, a cominciare da quello dell'Economia. Del resto è lei a scriverlo nella sua lettera: "Mi sono battuto perché la competenza della Protezione civile fosse propria del presidente del Consiglio risolvendo in questo modo il problema di evitare di affidarsi a forme di coordinamento senza potere esercitate da un ministro di pari grado ad altri ministri".

Dico la verità: lei, egregio sottosegretario senza deleghe, è formidabile. Le sfuggono dalla penna delle verità e degli obiettivi che dimostrano dove può portare l'ideologia del fare quando è affidata a forme preoccupanti di egolatria e megalomania. Lei è riuscito a dare al premier quel potere di fatto che l'ordinamento ancora non gli ha conferito. Avete insieme bypassato l'ordinamento vigente, potete modificare tra voi due le poste di bilancio, l'avete fatto e lo farete sempre di più, non solo per le catastrofi ma per tutto ciò che vi passerà per la mente o passerà per la mente dei vostri amici. Lei pensa che questo sia il modo di servire lo Stato? Lascio ai lettori e alla pubblica opinione di giudicare.

Non entro nelle questioni che riguardano le inchieste giudiziarie ma voglio assicurarla: a noi non piace affatto rimestare nel fango. Ma se il fango c'è è nostro dovere professionale raccontare chi c'è in mezzo a quel fango e che cosa ha fatto per esserne lordato. Spero vivamente che lei non sia di quelli ma si tratta purtroppo di suoi intimi amici.


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venerdì 12 febbraio 2010

La neve a Cagliari (in caso di emergenza rivolgersi a Guido Bertolaso SPA)

Questa mattina Cagliari si è risvegliata sotto un sottile velo di neve, che nel corso della mattinata si è trasformato in nevischio (la foto, naturalmente, non è stata scattata stamattina). Peccato, soprattutto perchè Guido Bertolaso era sul punto di intervenire: già pronti appalti per acquistare il sale sottocosto, da spargere nelle strade, e rivenderlo poi, con la neve scioltasi naturalmente, come sale da cucina a prezzo quadruplicato... Battute a parte, è fresca la notizia dell'indagine sul capo della Protezione Civile e futuro ministro del Disastro Pubblico. Appalti truccati a L'Aquila e a La Maddelena, favori sessuali, conflitto d'interessi sempre nella ricostruzione dell'Aquila. Insomma, lo stesso canovaccio degli ultimi anni. Abusi sessuali abusivi, li definirebbe Elio. Oppure, per alzare il livello, poniamoci l'interrogativo di Carlo Martello che tornava dalla guerra: E' mai possibile, o porco di un cane, che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane? Quanto mai calzante.
Ma in definitiva c'è poco da scherzare: le prime intercettazioni che riguardano L'Aquila rivelano che un imprenditore, Francesco Maria de Vito Piscicelli, al telefono col cognato, diceva di essersi messo a ridere la notte del 6 aprile alle 3:30. Pochi istanti dopo il terremoto, con le macerie ancora calde, costui rideva pensando agli affari sulla ricostruzione. Che schifezza di uomo. Cominciano a spuntare anche le prime ombre di camorra sugli appalti, particolare che non stupisce nessuno.
Se diventa una società per azioni, cambiamogli almeno il nome: Protezione Incivile... A questo si aggiunge la denuncia da parte del Pd: "Non c'è copertura per la sospensione delle tasse in Abruzzo. Dal primo luglio gli abruzzesi torneranno a pagarle". Ricordiamolo per gli smemorati: questo Governo non mette le mani nelle tasche dei cittadini. Lo dico io, così evitiamo di sentire le stesse parole da Capezzone... In confronto ai disastri dell'Aquila, La Maddalena è nulla. Eppure anche qui appalti truccati, un giro di centinaia di milioni di € in fumo, o meglio in coca: nelle tasche di quei pochi fortunati amici degli amici impastati nei vari affari: dalla bonifica alla costruzione di strutture extralusso che in pochi mesi stanno cadendo a pezzi. In mezzo a tutto ciò, quel vecchio rincoglionito del nostro presidente del Consiglio lancia un messaggio altissimo alla nazione: "I pm si vergognino". Non mi sogno nemmeno di chiedere dov'è Cappellacci in tutto questo. Presumibilmente starà risolvendo la questione Alcoa, al telefono con Putin...



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lunedì 8 febbraio 2010

C'era una volta la città dei matti...


Con questo titolo, C'era una volta la città dei matti, è andata in onda questa sera la prima parte della fiction incentrata su Franco Basaglia. E, FINALMENTE, la Rai ha portato sullo schermo un prodotto (termine non sempre adatto...) di un certo spessore, un lavoro di qualità. La fiction (altro termine, in questo caso, inadatto) si occupa della figura di Franco Basaglia, a trentanni dalla sua morte; Basaglia era uno psichiatra, anzi lo psichiatra a cui si deve la legge 180 del 1978, che rivoluzionò la psichiatria, e in particolare la cura dei cosiddetti malati psichici. E' proprio grazie a questa legge, che porta il suo nome, che vennero chiusi i manicomi in Italia, a partire proprio dal 1978. La chiusura totale e definitiva di queste strutture si è raggiunta soltanto nel 1999, dunque Basaglia ha fatto in tempo a vedere soltanto l'inizio di questo straordinario processo, da lui avviato.

Cominciò a lavorare nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, e in questa struttura vede la luce e muove i primi passi il suo progetto, o battaglia, se vogliamo, date le difficoltà incontrate: le sue idee, definite "innovative e rivoluzionare", non sono ben viste nell'ambito della psichiatria. Elimina subito tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie elettroconvulsivanti (elettroshock); non più luoghi di reclusione dove la cura passava attraverso letti di contenzione, camicie di forza, celle di isolamento; un mondo chiuso nel quale il rapporto tra personale e pazienti era a volte simile a quello tra carcerieri e carcerati, spesso "ergastolani". Vengono aperti i cancelli dei reparti. Non soltanto terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale. I pazienti devono essere trattati come uomini, persone in crisi. Fu l'inizio di una riflessione sociopolitica sulla trasformazione dell'ospedale psichiatrico. Dopo l'esperienza di Gorizia, si trasferisce a Trieste e istituisce subito, all'interno dell'ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nasce anche una cooperativa di lavoro per i pazienti, che così cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. La rivoluzione continua, l'obiettivo non è soltanto la trasformazione/restituzione della vita all'interno dell'ospedale psichiatrico, bisogna andare oltre : il manicomio va chiuso ed al suo posto dev'essere costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all'assistenza della persone affette da disturbi mentali. "La psichiatria, che non ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale", voluto da un sistema ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni allontanandole da sé ed emarginandole". Nel 1973 Basaglia fonda il movimento Psichiatria Democratica (non fate caso alle iniziali...) favorendo la diffusione in Italia dell'"antipsichiatria". Nel gennaio 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio "San Giovanni" di Trieste entro l'anno. L'anno successivo, il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la legge 180 di riforma psichiatrica. Purtroppo Basaglia morirà appena due anni dopo, il 29 agosto del 1980, per un tumore al cervello.

La fiction: come dicevo, un prodotto sorprendentemente di qualità, con un valido cast di attori prevalentemente a me sconosciuti. Franco Basaglia è interpretato da Fabrizio Gifuni, che a detta dei figli dello psichiatra, è riuscito a rendere bene la figura del loro padre, a coglierne la "normalità" (termine che non utilizzo a caso). Le scene più crude sono concentrate nei primi venti minuti circa, per far capire allo spettatore qual era la realtà dei manicomi all'epoca (Basaglia/Gifuni stesso lo definisce lager, non a torto), dopodichè spazio al suo lavoro rivoluzionario.
Per adesso il giudizio è positivo, lunedì alle 21:30 andrà in onda la seconda e ultima puntata. Mi riservo a domani sera il voto finale. Sperando bene, naturalmente.



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mercoledì 3 febbraio 2010

Berlusconi tra barzellette e latino: quando il cavaliere copiò la versione dell' "Utopia" dal professor Firpo.


di Oliviero Beha

Ho quasi sempre apprezzato le barzellette che racconta Berlusconi, e non lo scrivo da destra o da sinistra, nel tifo organizzato del Paese (destra e sinistra non esistono praticamente più, sono convenzioni nominalistiche che coprono la trasformazione della politica in comitati d’affari). No, il mio apprezzamento è diciamo così “estetico”. Certo, quando sabato scorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario ho letto sul suo “Giornale” che il Premier aveva premesso a tale inaugurazione una barzelletta, mi sono chiesto se fosse il momento. Leggendo, aveva ragione lui. La barzelletta era infatti in tono: era quella su Gesù rimandato sulla terra da Dio per risolvere la troppa confusione, che finisce con il Figlio che torna in Paradiso molto più tardi del previsto spiegando al Padre “sai, sulla Terra sono cambiate molte cose. C’è la democrazia, c’è internet, hanno abolito la pena di morte…e a me hanno dato l’ergastolo”. Di fronte a tanta brillantezza di humour così sapientemente mirata, mi sono chiesto quando avessi letto o sentito decantare per la prima volta l’effervescenza barzellettiere di Berlusconi.
Con sforzo, e con l’aiuto di internet sono tornato indietro negli anni, precisamente a metà anni ’80, e a Luigi Firpo, illustre studioso scomparso ormai da molto tempo. Era lui che una volta disse alla moglie, che poi riportò in un libro le sue parole: “Sapessi quante barzellette conosce quel Berlusconi. E´ un mercante di tappeti, una faccia di bronzo da non credere, sembra di essere in una televendita”. Vi racconto la storia pressoché dimenticata come risulta da internet (Travaglio, vari giornali locali, siti web ecc.), periodicamente riesumata e risepolta. E’ istruttiva, sempre che – per carità - non la si voglia leggere come un attacco a Berlusconi invece che come tributo al suo raro talento di intrattenitore.
Dunque a Torino in un giorno d´estate Luigi Firpo se ne stava in poltrona nella sua villa sulla collina torinese con la moglie Laura. Faceva zapping in tv. Su Canale 5 una graziosa signorina intervistava il padrone, Silvio Berlusconi. E ne magnificava l´enorme bagaglio culturale: “Lei è anche un grande studioso dei classici…”. Il Cavaliere si schermiva: “Ma no, non dica così…”. E lei: “Sì, invece, non faccia il modesto. Lei, dottore, ha appena pubblicato una edizione pregiata dell´Utopia di Tommaso Moro, con una bellissima prefazione e una perfetta traduzione dal latino…”. E lui: “Beh, in effetti il latino non lo conosciamo tutti, bisogna tradurlo…”. Firpo, grande intellettuale torinese, polemista della Stampa con i suoi “Cattivi pensieri”, ma soprattutto docente universitario di Storia delle dottrine politiche e fra i massimi esperti di cultura rinascimentale, drizzò le antenne. Anche perché aveva da poco tradotto e commentato un´edizione dell´”Utopia” per l´editore Guida di Napoli. L´intervistatrice attaccò a leggere la prefazione del Cavaliere.
Dopo le prime due frasi, l´anziano studioso fece un salto sul divano: “Ma quella prefazione è la mia! E´ tutta copiata! Ma chi è questo signore? Ma come si permette?”. L´episodio è tornato in mente a Laura Salvetti, la vedova di Firpo, molto tempo dopo, quando Silvio Berlusconi in una delle sue tele-esternazioni elettorali si è così descritto in terza persona: “Il presidente del Consiglio si è nutrito di ottime letture e ha un curriculum di studi rilevantissimo…”. E´ corsa in archivio, ha estratto una cartella intitolata “Berlusconi”, ne ha cavato uno strano bigliettino autografo del Cavaliere e ha deciso di raccontarne il retroscena. “Era subito dopo le vacanze estive, credo in settembre. Firpo (lei usava chiamarlo così, ndr) quando scoprì in tv che Berlusconi aveva copiato la sua versione dell´Utopia, si attaccò subito al telefono per avere quel libro. Gli risposero che era un´edizione privata, in pochi esemplari, riservata all´entourage del Cavaliere. Ma lui, tramite l´associazione milanese degli Amici di Thomas More, riuscì a procurarsi una copia in visione.
La sfogliò e sbottò: “Non è un plagio, è peggio! Quello ha copiato interi brani della mia prefazione e la mia traduzione integrale dal latino, mettendoci la sua firma. Non ha cambiato nemmeno le virgole!”. Prese carta e penna e scrisse a Berlusconi, intimando di ritirare subito tutte le copie e annunciando che avrebbe sporto denuncia. Qualche giorno dopo squillò il telefono di casa: era Berlusconi”. A questo punto inizia un irresistibile balletto telefonico, con il Cavaliere che cerca scuse puerili per placare l´ira dell´austero cattedratico, e questi che, sbollita la furia, si diverte a giocare al gatto col topo. Firpo minaccia di mettere in piazza tutto e trascinarlo in tribunale. “Berlusconi – ricorda la moglie – incolpò subito una collaboratrice, che a suo dire avrebbe copiato prefazione e traduzione a sua insaputa.
E implorò Firpo di soprassedere, pur precisando di non poter ritirare le mille copie già stampate e regalate ad amici e collaboratori. Firpo, capito il personaggio, cominciò a divertirsi alle sue spalle. Lo teneva sulla corda con la causa giudiziaria. E Berlusconi continuava a telefonare un giorno sì e un giorno no, con una fifa nera. Pregava di risparmiarlo, piagnucolava che uno scandalo l´avrebbe rovinato”. Pure Franzo Grande Stevens, famoso avvocato e consigliere di casa Agnelli, che di Firpo era amico anche per via della comune candidatura nel Pri, seguì la faccenda da vicino: “Firpo mi raccontò di quel plagio. Era esterrefatto. Anche perché Berlusconi, anziché scusarsi, dava la colpa a una segretaria. Poi cercò di rabbonirlo con regali costosi, che il professore rispedì sdegnosamente al mittente”. “Passava – ricorda la moglie Laura – intere mezz´ore al telefono col Cavaliere. E alla fine correva a raccontarmele, fra l´indignato e il divertito: sapessi quante barzellette conosce quel Berlusconi. E´ un mercante di tappeti, una faccia di bronzo da non credere, sembra di essere in una televendita”. Appunto, come volevasi.
Il tira e molla si trascinò per mesi. Anche con uno scambio di lettere, rese pubbliche solo nel 2009, vent´anni dopo la morte dello studioso, insieme a quel bigliettino rimasto nei cassetti della signora Laura, visto che era indirizzato anche a lei: “Accompagnava un doppio regalo per Natale, credo del 1986. Nel frattempo Berlusconi aveva pubblicato un´edizione riveduta e corretta dell´Utopia, senza più la prefazione copiata e con la traduzione di Firpo regolarmente citata. Ma Firpo seguitava a fare l´offeso, ripeteva che la cosa era grave e la stava ancora valutando con gli avvocati. Un giorno lo invitarono a Canale 5 per parlare del Papa e si ritrovò Berlusconi dietro le quinte che gli porgeva una busta con del denaro, “per il suo disturbo e l´onore che ci fa”. Naturalmente la rifiutò. Poi a Natale arrivò un corriere da Segrate con un bouquet di orchidee che non entrava neppure dalla porta e un pacco: dentro c´era una valigetta ventiquattro ore in coccodrillo con le cifre LF in oro. Il biglietto d´accompagnamento è intestato Silvio Berlusconi, datato “Natale 1986″ (ma l´ultima cifra è uno scarabocchio) e scritto a penna: “Molti cordiali auguri ed a presto…Spero! Silvio Berlusconi”.
Poi una frase aggiunta a biro: “Per carità non mi rovini!!!”. Ma Firpo continuò il suo gioco. Rispedì la borsa a Berlusconi, con un biglietto beffardo: ‘Gentile dottore, la ringrazio della sua generosità, ma gli oggetti di lusso non mi si confanno, sono un vecchio professore abituato a girare con una borsa sdrucita a cui sono molto affezionato. Quanto ai fiori, la prego anche a nome di mia moglie Laura di non inviarcene più: per noi, i fiori tagliati sono organi sessuali recisi…’ “Non lo sentimmo mai più”. Chissà che ne dice Firpo da dove si trova ora sugli “organi sessuali recisi” e tutto quello che si legge oggi sul Presidente, che noi sentiamo invece ancora di frequente.



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