mercoledì 22 dicembre 2010

Le Grandi Opere di Berlusconia.

Interrompiamo la fiction "Una storia italiana" con un documento d'attualità (interruzioni frequenti proprio come nelle reti Mediaset!), legato comunque ad un momento significativo di quel lontano 2001: qualcuno di voi ricorda il "Contratto con gli italiani"...? Ebbene, ne parlo brevemente a beneficio delle menti più labili: trattasi di patto che Berlusocni stipulò con il popolo italiano, nel quale si impegnava a realizzare una lunga serie di cose durante la legislatura 2001-2006; il suddetto patto venne vergato dalla sua firma su una scrivania in ciliegio in quella che è unanimemente considerata la terza camera dello Stato, ovvero lo studio televisivo di Porta a Porta, alla presenza del grafomane (vista la quantità e il volume dei libri che pubblica) Bruno Vespa. Naturalmente quasi nessuno di quegli impegni venne mantenuto, non solo entro il 2006 ma neppure entro quest'oggi, anno di grazia 2010. Esempio principe delle promesse non mantenute è il Ponte sullo Stretto: opera irrealizzabile per motivi strutturali e fisici, ma che Berlusconi continua a sbandierare annunciando, ogni anno, che è stata messa la "prima pietra". Forse, chissà, un giorno nel lontano 2050 il Ponte sarà ultimato a forza di prime pietre...
Riporto un articolo molto interessante che elenca tutti i lavori infrastrutturali mancati del governo Berlusconi, articolo comparso su "Affari & Finanza" a firma Adriano Bonafede e Massimiliano Di Pace. Consiglio la lettura.


Nella materia "Infrastrutture" il voto in pagella dei governi Berlusconi è 2. Due su dieci, cioè molto, ma molto meno della mediocre sufficienza. Se il primo ministro fosse uno studente, sarebbe un vero e proprio disastro. E a dirlo, numeri alla mano, non è la solita opposizione "disfattista" (come direbbe il premier) di Bersani o di Di Pietro, ma i dati candidamente forniti dallo stesso esecutivo. A quasi dieci anni dal varo della Legge Obiettivo (la 443/2001), che negli intendimenti dei governi di centro destra avrebbe dovuto rilanciare le grandi infrastrutture, risultano completato solo il 20% dei lotti. O comunque delle opere previste, mentre per un altro 55 per cento di opere il cantiere non è mai stato neppure aperto, o a causa della mancata conclusione della progettazione, o per altri non specificati motivi. Mentre il rimanente 25 per cento dei lavori è tuttora in fase di realizzazione. Se non bastassero i freddi e neutri numeri a mostrare la scarsa propensione dello "studente" Berlusconi nella materia dei grandi lavori, c' è anche da considerare che l' Ance, la potente associazione dei costruttori che fa capo a Confindustria, è scesa da alcuni mesi in agitazione, prima proclamando gli "stati generali", e poi con una serie di iniziative volte a spingere il governo a fare qualcosa per frenare l' emorragia di lavoratori e la chiusura di tante aziende. Mai prima d' ora nella sua storia l' Ance aveva preso una posizione così nettamente antigoverntiva. Una posizione, del resto, maturata un po' per volta, e dopo tanti anni di fiduciosa attesa, di fronte alla realtà di crudi numeri che fotografano un settore economico in disarmo, a cui sono state fornite sempre meno risorse a partire dal 2004 in poi: tra il 2004 e il 2011 è la stima dell' Ance non soltanto non c' è stato alcun rilancio delle opere pubbliche, ma si è avuta una contrazione degli investimenti pubblici in costruzioni di quasi un terzo in euro costanti. Dai 25.209 milioni spesi dallo Stato e dagli altri enti pubblici o locali, si è tristemente passati ai 17.185 del 2011. In termini assoluti, si tratta hanno calcolato all' Ance della cifra più bassa degli ultimi 20 anni. Un crollo di questa portata degli investimenti in infrastrutture in pochissimi anni non si è mai visto nella storia repubblicana. E a nulla sono servite le promesse all' indomani della grande crisi del 20082009 di mettere almeno poche ma mirate risorse a contrastare gli effetti sull' economia reale, e quindi su lavoratori e imprese. Il governo ha infatti messi sul piatto nel marzo del 2009 ben 12 miliardi, più degli 8 miliardi della Spagna e dei 3,9 della Francia. Di più certo, ma solo sulla carta: dei 12 miliardi, infatti, già assegnati per il 67 per cento, soltanto un misero 0,4 per cento è partito davvero. Eppure queste misure anticongiunturali avrebbero potuto quantomeno mettere un tampone al declino. Quanto sono lontani i tempi in cui un sorridente Berlusconi disegnava soddisfatto su una lavagna messa a disposizione da un compiacente Bruno Vespa a Porta a Porta la mappa delle grandi infrastrutture che di lì a 5 anni (la durata dell' esecutivo nato nel 2001) avrebbero dovuto dare una svolta all' Italia. E proprio lì, nel famoso "contratto" con gli italiani, Berlusconi promise solennemente che avrebbe portato a compimento entro il 2006 almeno il 40 per cento di quelle opere. Siamo arrivati al 2010 e ancora siamo fermi al 20 per cento. Di questo passo, ci vorranno altri quattro decenni e arriveremo al 2050 per portare a compimento quei grandi lavori ritenuti necessari e urgenti nel 2010. In un primo momento le promesse di Berlusconi sembravano aver preso corpo. Il Cipe, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, approvò alla fine del 2001, con la delibera 121, un vasto programma di opere infrastrutturali del valore di 125 miliardi di euro, come ricorda il sito Internet sui risultati del Governo Berlusconi 20012006. Ed era anche ragionevole attendersi che, almeno su questo fronte, le promesse di Berlusconi potessero portare a qualche risultato concreto, vista anche la sua esperienza di imprenditore. Ma sono proprio i dati ufficiali, in particolare il Documento del Ministero dei Trasporti, pubblicato a settembre 2010, relativo al Programma Infrastrutture Strategiche, ovvero quelle della Legge obiettivo, che si è ampliato sempre di più nel corso degli anni, a smentire categoricamente questa ipotesi. In questa nota ministeriale vi sono infatti due tabelle molto dettagliate che fanno il punto, relativamente a ciascuna infrastruttura, sul costo e sulla disponibilità delle risorse finanziarie (tabella I), e sullo stato di attuazione dei lavori (tabella V). Ebbene, i dati riportati dimostrano con chiarezza che anche su questo fronte il nostro Presidente del Consiglio ha fallito. Infatti, dopo 10 anni, sui 231 miliardi di euro, oggi stimati necessari per realizzare le 162 opere infrastrutturali strategiche, ne sono disponibili solo 89, mentre ne mancano altri 142 per completare il programma. In sostanza, si è fatto un grandioso programma di infrastrutture, e poi non lo si è finanziato, se non con una media di poco più di 5 miliardi di euro l' anno, che rappresentano meno dell' 1% del budget pubblico. In effetti, nel 2001 la spesa pubblica complessiva ammontava a 587 miliardi di euro, mentre quella del 2009 era pari a 798 miliardi. Si è quindi di fronte alla lampante dimostrazione di una politica fatta di annunci, ma non di interventi concreti. "Parole, non fatti", sembra questa la parola d' ordine di Berlusconi sul fronte delle infrastrutture. Sarà per questo che l' attuale sito del Governo Berlusconi (www.governoberlusconi.it), il Governo del Fare ovviamente, nella pagina dedicata alle infrastrutture, riporti testualmente: "Sono ripartite le grandi opere: strade, autostrade, ferrovie. L' annullamento del trentennale ritardo nelle infrastrutture del nostro Paese è da sempre uno dei principali obiettivi del governo Berlusconi". Evidentemente a questo obiettivo il Cavaliere è così affezionato che preferisce lasciare insoluto il problema che ne ha giustificato la definizione: il ritardo nella realizzazione delle infrastrutture. Ritardo dovuto chiaramente alla scarsità di fondi, che il documento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di settembre 2010 candidamente confessa: delle 162 opere previste risultano completamente finanziate (o meglio finanziate per oltre il 95 per cento del costo) solo 36, ovvero il 22 per cento del totale. Sono invece finanziate per più della metà del costo (tra il 50 e il 95 per cento) 37 opere, che rappresentano il 23 per cento delle iniziative previste. Ma la vera notizia negativa viene dalla circostanza che più di un quarto delle 162 opere (45), ossia il 28 per del programma, non ha nessun finanziamento o lo ha irrisorio, ossia per un valore inferiore al 5 per cento del costo dell' opera. Grosso modo altrettante opere (44, ossia il 27 per cento del piano strategico) sono state finanziate con risorse comprese tra il 5 per cento e il 50 per cento del valore dell' intervento. Questa situazione, e la lettura della lunga lista delle opere previste dal Programma delle infrastrutture strategiche, fanno pensare in effetti a una "non scelta" su ciò che era veramente prioritario. La scarsità di risorse era infatti ben nota anche nel 2001, quando fu fatta la delibera del Cipe con l' indicazione di decine e decine di interventi infrastrutturali. In altre parole era chiaro fin dall' inizio che non era possibile realizzare tutte queste opere. Eppure ne fu dato non solo l' annuncio, ma ne fu anche predisposto un elenco molto preciso e dettagliato, contenuto nella nota delibera 121/2001 del Cipe. In definitiva, l' elenco attuale di opere, che ha raggiunto quota 162, sembra, più che un piano strategico, un programma per dare un contentino a tutte le aree del Paese e, soprattutto, per offrire argomenti di discussione alle continue propagande elettorali. Questa considerazione è dimostrata non solo dall' eccessivo numero di opere, che per questo stesso motivo non possono essere strategiche, o per lo meno ugualmente strategiche, ma anche dal fatto che restano tuttora nell' elenco opere di grande costo, la cui priorità è discutibile: non solo il Ponte sullo Stretto, che ha già assorbito 1,65 miliardi di euro sui 7 miliardi di investimento previsto, ma anche l' autostrada Cecina Civitavecchia, che assorbe circa 4 miliardi di euro, quasi interamente già stanziati, e che non pochi considerano un doppione dell' Aurelia, che nello stesso tratto ha già quattro corsie. Non s' intende con questo mettere in dubbio l' utilità di queste opere, ma semplicemente la loro natura prioritaria, almeno rispetto a tante altre (vedi ad esempio il rinnovo della Salerno Reggio Calabria, che completa il collegamento fra Nord e Sud). E poi è incomprensibile la decisione sugli importi da destinare alle varie opere: ad esempio, per risolvere il problema delle carceri sovraffollate, si mettono a disposizione soltanto 500 milioni di euro, mentre per la E45 (Orte Ravenna) e la Romea (che collega Ravenna a Mestre) si puntano quasi 10 miliardi di euro, di cui 8,3 già stanziati. E sorprende scoprire che per questo tratto di strada si sia stanziato più che per l' autostrada SalernoReggio Calabria, che può contare su risorse disponibili per 7,3 miliardi di euro, a fronte di un costo totale di 10,2 miliardi di euro. L' uso improprio del Programma di opere strategiche è infine confermato dalla presenza di misure che di strategico non sembrano avere veramente nulla. Questo è il caso probabilmente del risanamento del sottosuolo di Napoli, il cui costo è tra l' altro trascurabile (31 milioni di euro), e che non si capisce cosa c' entri con le opere infrastrutturali, per di più strategiche, visto che si tratta di un risanamento di natura igenicosanitario. Per non parlare poi del 150° anniversario dell' Unità d' Italia, i cui 80 milioni assegnati, e già disponibili, sono nelle mani del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo. E poi, si può considerare un' infrastruttura strategica lo sviluppo dei giacimenti petroliferi di Tempa Rossa in Basilicata? Ed è giusto dedicarvi 1 miliardo di euro, tra l' altro interamente stanziato, dato che lo sviluppo lo gestisce la Total Italia (secondo quanto risulta da questo documento ministeriale)? Visto che la legge obiettivo consente un' accelerazione delle procedure, rivelatasi con il senno di poi inutile per l' assenza di risorse, sembra quasi di rivedere replicato il sistema della Protezione civile, ovvero il ricorso improprio a norme e procedure snelle per questioni che nulla hanno a che fare con le finalità della legge che le prevede. Questa interpretazione è confermata dal fatto che vengono aggiunte nell' elenco delle infrastrutture strategiche, sempre nuove opere, pur in assenza, non solo di stanziamenti, ma anche della stessa stima dell' impegno finanziario necessario. Ma al di là di questi abusi, l' impostazione del Programma di infrastrutture strategiche genera grandi perplessità, visto che una qualsiasi persona di buon senso avrebbe scelto solo alcune opere, valutandone attentamente la necessità, invece di proporre di fare tutto, con il risultato che poi rimane tutto, o quasi, incompiuto, o comunque lo rimane per moltissimi anni. In conclusione, anche sul fronte delle infrastrutture ritroviamo il collaudato metodo berlusconiano di gestione dell' economia: tanti annunci, pochi interventi, e qualche affare.



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2 commenti:

Mr. Tambourine ha detto...

Il Ministero dell'Interno è abbonato al tuo Feed RSS.

Matthew ha detto...

Appunto: questa mattina, alle 11:08, il Ministero dell'Interno ha fatto una nuova capatina da queste parti!