martedì 4 ottobre 2011

[Lungo i bordi] In viaggio verso la felicità.

Raju sorride continuamente, con un sorriso aperto, buono, che spesso prorompe in una risata sonora, inattesa e non sempre del tutto motivata. È l’unico tratto da diciottenne in una figura che dimostra più anni di quelli che ha realmente, aspetto peraltro comune tra i suoi connazionali. Ha sulle spalle quasi 7500km, affrontati quando era ancora minorenne; “un viaggio verso la felicità” lo definisce lui. Ecco spiegato il motivo di quel sorriso costante, si potrebbe pensare, ma non è così: “Io sorrido sempre. Da piccolo, quando i miei genitori mi picchiavano per qualche motivo, io sorridevo. E mia madre mi domandava “perché sorridi anche adesso?!”. Un attimo di pausa, forse per mettere in ordine le parole in un italiano zoppicante, e poi ti sorprende con un’imprevista sortita intrisa di saggezza: “Tra 50 o 60 anni sarò morto, e io sorrido perché voglio essere felice. Non ha senso vivere con tristezza”. E giù un’altra sonora risata di fronte all’altrui stupore.

Spesso alcuni suoi connazionali si fermano per assicurarsi che sia tutto a posto, una forma di protezione dettata dal legame instauratosi all’interno della loro comunità, o forse la volontà di prendersi cura del più piccolo del gruppo. In realtà il legame è molto più stretto di quanto si possa pensare, poiché molti di loro sono parenti: “Quello lì è mio zio”- dice indicando una figura in lontananza -“io vivo insieme a lui. E con noi c’è anche mio fratello”. Raju è il più piccolo tra loro, ma di poco: lo zio ha soltanto 22 anni, e tra i 18 e 22 stanno anche la maggior parte degli altri, diversi cugini e molti amici d’infanzia. La sua casa è in via S. Giovanni, 200€ di affitto pagati ad un altro connazionale. Non è semplice cercare di risalire la scala gerarchica della loro comunità e Raju si dimostra molto meno ingenuo di quanto potrebbe apparire; schiva le domande fingendo di non capirle. Con candore afferma che, prima di partire, non sapeva nemmeno dell’esistenza della Sardegna. “Qui è bello, molto bello, la gente brava, la città mi piace. Però poco lavoro. A Roma, a Milano, a Londra, dove stanno altri miei amici, più lavoro. Ma qui a Cagliari meglio perché gente più brava, tutti salutano e parlano con me, e poi voi siete alti come da noi! Voglio rimanere qui per 5-6 anni, poi vediamo”.

È difficile immaginare che possa mantenersi così a lungo col suo lavoro, vendere rose, ma lui il problema non se lo pone nemmeno. “Lavoro 7-8 ore al giorno e guadagno 600€ al mese. 200 per l’affitto, 100 per chiamare a casa, in Bangladesh, e gli altri per vivere. Sono fortunato: non devo mandare soldi a casa. Altri invece sì…” aggiunge con uno sguardo vagamente malizioso prima di lasciarsi andare ad un’altra risata. Si ricompone subito quando sente pronunciare la parola ‘tasse’, e fa segno di no con la testa senza dire una parola, salvo poi soggiungere con un pizzico di ruffianeria “qui carabinieri, poliziotti, guardia di finanza tutti bravi. Tu sei poliziotto?” chiede a scanso di equivoci.

La risposta provoca l’ennesima risata, stavolta di sollievo. Ritorna serio in fretta, per congedarsi: “L’estate è il periodo migliore, è più facile vendere. Adesso diventa difficile, stasera non ho venduto neppure una rosa”- dice senza però dispiacersi più di tanto, d’altronde non ha senso vivere con tristezza… L’aria ingenua si disfa completamente prima dei saluti, quando Raju dimostra di sapere molto bene come vanno le cose nel mondo, o in un certo mondo, e che, in caso di necessità, saprebbe come fare per arrotondare il bilancio: “Tu sei bravo, io posso procurare una donna a te…”.




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sabato 24 settembre 2011

Pioggia di frammenti: restate a casa!!




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mercoledì 14 settembre 2011

A soli 8,80€!


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lunedì 12 settembre 2011

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domenica 11 settembre 2011

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lunedì 18 luglio 2011

Il salotto con l'autore di BooksLiFe!



I Frammenti ne Il salotto con l'autore! Buona visione!


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sabato 16 luglio 2011

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martedì 5 luglio 2011

Novità.


Le ulteriori novità preannunciate si son fatte tangibili, e i Frammenti sono ora acquistabili in diversi store online (cliccare sulla scritta in giallo), che vado ad elencare:

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Insomma, ora non avete più scuse! Il prezzo è anche più conveniente rispetto al sito Feltrinelli!


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domenica 3 luglio 2011

L'isola delle perplessità.


Più che un festival letterario, sembra una sagra della salsiccia. Senza salsiccia. Le impressioni che rimangono dopo essere stati a Gavoi, spinti dalle voci che promettono di farvi assistere ad un coinvolgente Festival Letterario, sono negative: di festival non c'è nulla, di coinvolgente ben poco. Se il momento più alto è Marco Presta, qualcosa non va. L'organizzazione, prima di tutto: insufficiente; diluiti in 3-4 giorni incontri che si potrebbero svolgere tranquillamente in 2, evitando così clamorosi buchi, anche di due ore, tra un incontro e l'altro. Gli incontri, poi, sono semplici presentazioni di libri, tutto sommato, cui si è "costretti" ad assistere perchè non vi sono alternative. Quattro o anche cinque mila persone al giorno si ritrovano tutte contemporaneamente nello stesso posto, allo stesso momento, in spazi che sono angusti, ristretti, e se si vogliono evitare file di un'ora (in anticipo rispetto all'incontro previsto) non rimane altro che seguire da lontano, magari sotto un sole cocente, oppure rassegnarsi alle vasche per le vie del paese (soluzione di ripiego già durante la lunga pausa pranzo di due ore e mezza), guidati dai volti di ospiti famosi, passati, presenti e futuri, appesi ai muri delle case lungo le strade, che all'interno di un'organizzazione così rigida e ingessata rischiano di somigliare a foto del Soviet Supremo, eccezion fatta per Giacomo Papi col suo naso pesto...
L'aspetto più sconcertante, per un appuntamento che vuole definirsi festival, è vedere le persone abbandonate a loro stesse nell'arco della giornata, che vagano per il paese trovando conforto unicamente nei numerosi bar; dov'è il coinvolgimento dei festival? Dov'è l'atmosfera di condivisione? Dov'è lo stimolo intellettuale? E' rimasto nelle parole di chi fa pubblicità, lodando un appuntamento che si rivela ben al di sotto delle aspettative suscitate da tutte quelle lodi sperticate. Per l'ultima giornata affidatevi allo streaming: l'atmosfera che si respira a Gavoi è quella di un paese preso d'assalto dai turisti il 15 di agosto. Per chi va alla ricerca di un momento di tremenda bellezza, rimane soltanto la cameriera del tumBARinu...



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domenica 19 giugno 2011

Frammenti nelle luci di settembre.


La qualità dell'immagine non è eccezionale (ma vi basta cliccarci su per ingrandirla), però il banner sulla sinistra è eloquente. Non so in base a quali criteri abbiano associato i Frammenti a Le luci di settembre, però a giudicare dai commenti che ho letto su quel libro, avrebbero potuto associarmi a qualcosa di meglio... Vabbè, l'importante è essere associati, mettiamola così! Guardiamo oltre l'estate.


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giovedì 16 giugno 2011

Non c'è due senza tre...


...e guai a non rispettare i proverbi! Il contenuto è sempre lo stesso, ma è nuova la veste grafica, sia esterna che interna. Maggiori informazioni sono disponibili QUI, ma la verà novità è che il libro sarà presto ordinabile in qualsiasi libreria, giacchè stavolta possiamo vantare addirittura un codice ISBN. Restate sintonizzati (?) per ulteriori novità!

PS: qualcuno ha messo la faccia per la veste grafica della copertina (anche se a sua insaputa), e adesso mi aspetto quantomeno che non si tiri indietro!


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sabato 11 giugno 2011

L'attività porca troia non è riconosciuta...


Qualcuno, per caso, ha dato un'occhiata alla prima riga della pagina di Wikipedia dedicata a Dilma Rousseff...?


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Ma allora la Santanchè non è così stupida come sembra...


SILVIO E’ MALATO.

Santanchè: «Ma sei sicuro che lui (Berlusconi) ha ripreso?».
Briatore: «Al cento per cento».
S: «Io sono senza parole … ma perché insiste (con il bunga bunga)?»
B: «É malato, Dani! Il suo piacere è vedere queste qui, stanche, che vanno via da lui. Stanche, dicono. Oh, che poi queste qui ormai lo sanno! Dopo “due botte” cominciano a dire che sono stanche, che le ha rovinate».


E’ CAMBIATA LA LOCATION.

B: «Mora mi ha detto che “Tutto continua come se nulla fosse”».
S: «Roba da pazzi!».
B: «Non più lì (ad Arcore), ma nell’altra villa (…) Tutto come prima, non è cambiato un cazzo. Stessi attori (…) stesso film, proiettato in un cinema diverso (…). Come prima, più di prima. Stesso gruppo, qualche new entry, ma la base del film è uguale, il nocciolo duro, “Cento vetrine”».
S: «Ma ti rendi conto? E che cosa si può fare?».
B: «Lele è stato da me due ore, mi fa pena. Dice. “Fla, mi hanno messo in mezzo. E sono talmente nella merda che l’unico che mi può aiutare è lui (Berlusconi), sia con la televisione, sia con tutto. Faccio quello che mi dicono, faccio quello che mi chiedono”. E poi quella roba di Fede! È indecente».


EMILIO FEDE.

B: «(Fede) non ha più parlato con il Presidente e sembra che abbia comprato delle case alla Zardo, con tutti ‘sti soldi. Ma pensa che deficiente».
S: «Madonna mia!»
B: «E poi (Fede) è andato a dire al presidente: “Erano i soldi che gli ho prestato”. Invece non è vero, figlio di puttana”».
S: «Che gentaglia».


TREMONTI CONTRO BERLUSCONI

Il 7 aprile, alle 19.33, Flavio Briatore e Daniela Santanché affrontano vari argomenti e cominciano dall’economia.
S: “Ieri sono andata da Geronzi. Questo casino che è successo, Della Valle contro Montezemolo”. Geronzi è Cesare Geronzi, che si è appena dimesso dalla presidenze di Generali, i due sono gli imprenditori che gli hanno mosso contro.
B: “C’è anche Tremonti, che gli ha dato una mano. Come azionista Generali, Geronzi voleva fare un po’ il politico, il papà della cupola, no?”.
S: “Geronzi mica finisce così. E mica questi penseranno che lui sta lì, senza colpo ferire”.
B. “No, no, ma ha 75 anni”.
S: “Bollorè è con lui”, Vincent, vicepresidente del gruppo triestino. “E non credo che Bollorè molli Geronzi”.
B: “Non fidarti mai dei francesi. Quando c’è bisogno, non ci sono mai”.
I due parlano di Mediobanca e di un’operazione di Della Valle e Montezemolo “con i treni” per ingraziarsi il ministro Giulio Tremonti, tanto che il sottosegretario conferma le indiscrezioni dei giornali, sempre smentite: “Di fatto, Tremonti è stato contro Berlusconi”.
B: “Tremonti ha dato la spallatina finale, eh?”.
S: “Senza i suoi tre voti non era così”.


GUERRA IN MEDIOBANCA, SE PERDE GERONZI...

B: “Siamo nelle mani di Dio qui, eh? Perché – continua – ieri sera, l’altra sera, ho saputo che c’era stata un’altra grande festa lì, eh?”.
S: “Ma tu pensa!? E che cazzo dobbiamo fare!?”.
B: “Ha ragione Veronica, è malato. Perché uno normale non fa ‘ste robe qui. Adesso Lele, che gli continua a portare, a organizzare questo, è persino in imbarazzo lui! E dice: “Ma io che cazzo devo fare?”".
S: “Va beh, ma allora qua crolla tutto”.
B: “Daniela, qui parliamo di problemi veramente seri di un Paese che deve essere riformato. Se io fossi al suo posto non dormirei di notte. Ma non per le troie. Non dormirei per la situazione che c’è in Italia”.
S: “E con il clima che c’è, uno lo prende di qua, l’altro che scappa di lì”.
B: “Brava, il problema è che poi la gente comincia veramente a tirar le monete”.
S: “Stanno già tirando”, e insultano pure.


IN RAI UNA MIA CARISSIMA AMICA.

S: «E Berlusconi ha fatto fare a me l’accordo. Ho fatto l’accordo con Masi, e quindi tra il 7 e il 9 aprile viene nominata Lei, perché sai, una mia carissima amica…».
B: «Bene, meglio avere qualche amico in più».
S: «In un mondo… ».
B: «Di merda, guarda!».


QUI CROLLA TUTTO.

B: « … ieri sera, l’altra sera, ho saputo che c’era stata un’altra grande festa lì, eh?».
S: «Ma tu pensa!? E che cazzo dobbiamo fare!?».
B: «Ha ragione Veronica, è malato. Perché uno normale non fa ‘ste robe qui. Adesso Lele, che gli continua a portare, a organizzare questo, è persino in imbarazzo lui! E dice: “Ma io che cazzo devo fare?”».
S: «Va beh, ma allora qua crolla tutto».
B: «Daniela, qui parliamo di problemi veramente seri di un Paese che deve essere riformato. Se io fossi al suo posto non dormirei di notte. Ma non per le troie. Non dormirei per la situazione che c’è in Italia».
S: «E con il clima che c’è, uno lo prende di qua,l’altro che scappa di lì».
B: «Brava, il problema è che poi la gente comincia
veramente a tirar le monete».
S: «Stanno già tirando».




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giovedì 9 giugno 2011

L'intelligenza educata.


di Gabriella Saba

Dalle vetrate entra un sole sfacciato che illumina scorci di ulivi e prati. Grandi pareti di trachite rossa, marmo di Orosei e calcare dividono gli spazi dei quattro edifici del Campus Tiscali, disegnati dallo studio Aldo Rossi. Qui, appena fuori Cagliari, vicino agli stagni e al mare, c'è il regno di Renato Soru: un'isola tecnologica in cui lui si muove in silenzio, allampanato e gentile: "È da molto tempo che non mi facevano un'intervista lunga", dice quasi sottovoce. Lo guardi e pensi a tutte le cose che ti hanno detto di lui, ex Governatore che continua a dividere la Sardegna. Gli hanno dedicato, finora, cinque libri. Ognuno racconta un Soru diverso: visionario e geniale, o integralista, con indole da schiacciasassi, fuoriclasse della politica o uno con un'idea del mondo che non ammette dubbi: degli altri, perché di suoi ne avrebbe pochi. Possiamo testimoniare che ha bisogno di svolgere il suo discorso fino in fondo e non è facile interromperlo. E, altra cosa certa, il 22 aprile scorso è stato assolto con formula piena dall'accusa di abuso d'ufficio e turbativa d'asta, in merito alla pubblicità della Regione. "La fine di una sofferenza", come la definisce lui. "Quando ho sentito i giudici mi sono commosso. Per chi svolge un ruolo pubblico onestamente, con passione, ritrovarsi con un'accusa del genere è sconfortante. Può succedere, il compito della giustizia è appunto quello di indagare. Ma ho vissuto questa vicenda come un incidente". Dopo la sentenza si sono scatenati i suoi sostenitori: su Facebook le chiedono di "tornare". E molti la chiamano ancora "Presidente". "Devo ammettere che la solidarietà di tante persone mi ha dato gioia. Quanto al Presidente, credo si tratti di una gentilezza. In realtà, puntualizzo che sono "ex Presidente", anche per far capire che bisogna andare avanti. Ma voglio interpretare quel "Presidente" come un riconoscimento al lavoro che ho svolto per il bene della Sardegna". Ma non ha intenzione di ricandidarsi. "No, infatti. Sto lavorando intensamente dentro Tiscali che avevo lasciato quando venni eletto, ma credo sia difficile per chi ha fatto politica abbandonare lo sguardo da amministratore pubblico. Di recente ero a Siviglia con amici e mi sono accorto che guardavo la città con l'ottica di un sindaco o del governatore di una Regione. Anziché guardare le vetrine come gli altri, io osservavo le metropolitane leggere". Ha però dichiarato che considera incompiuto il suo lavoro alla guida della Sardegna... "Tutti i politici quando finiscono il mandato provano rimpianto per le opere non terminate. Quando ho partecipato alla prima campagna per le Regionali ho dichiarato che avrei dedicato alla politica cinque anni. Pensavo sarebbero stati sufficienti e inoltre volevo riprendere il mio lavoro a Tiscali. Sono stato un po' ingenuo e un po' presuntuoso, ma il limite che mi ero dato è stato il motivo per cui il tempo, nella mia amministrazione, ha avuto una importanza che non ha per altri". Il giornalista Vito Biolchini ha scritto: "Troppo irruento il suo carisma, troppo forte la sua ansia di cambiamento all'interno di un'organizzazione con altri ritmi e altre liturgie". "Il tempo è stato per me una variabile importante: avevamo fretta di cambiare la Sardegna! Il mondo sta procedendo a grande velocità e dobbiamo decidere se seguirlo o restare indietro. Forse la gente non si aspettava quell'irruenza. È rimasta sconcertata, e lo posso capire". Il Consiglio di Stato ha recentemente accolto il ricorso contro la decisione del Tar Sardegna, che tre anni fa aveva annullato il divieto della Regione di costruire a Tuvixeddu, il colle che ospita la più grande necropoli punico-romana del Mediterraneo. Era stata una battaglia della sua giunta... "Infatti, e quella del Consiglio di Stato è una decisione storica. La vicenda di Tuvixeddu si colloca all'interno del Piano Paesaggistico Regionale, che si era data la Regione Sardegna per governare il suo territorio - il primo e unico redatto in Italia secondo il codice del Paesaggio e nel rispetto della relativa Convenzione Europea - e stabiliva come l'iniziativa privata sia importante ma lo è di più l'impegno a non consumare ulteriormente il proprio ambiente, e a restituirlo integro alle generazioni future. Abbiamo ritenuto che l'ambiente costiero fosse stato già troppo danneggiato e non dovessimo rovinarlo ulteriormente". Spesso la tutela ambientale viene contestata perché porta minore sviluppo edilizio e quindi meno lavoro. "Credo invece che potremmo trovare uno sviluppo migliore e più duraturo proprio tutelando l'ambiente. Tanto è vero che i luoghi in cui l'ambiente è più tutelato sono anche più ricchi. Ma torniamo a Tuvixeddu: i sardi avevano stabilito che le aree costiere ancora intonse sarebbero rimaste tali, e le uniche attività permesse sarebbero state quelle di ristrutturazione e di ricostruzione. In questo modo sono decaduti progetti di lottizzazione già avviati per milioni di metri cubi. Per esempio, il progetto di costruire 260mila metri cubi di cemento nel colle di Tuvixeddu, che si trova dentro Cagliari e ospita migliaia di tombe affacciate sul mare e sulle lagune. Il Piano Paesaggistico Regionale ha posto sotto tutela quel bene: abbiamo pensato fosse meglio avere una specie di Appia Antica che una colata di cemento". Gran parte dei ricorsi presentati per far valere il Piano sono stati accolti. "Si, intorno al 99%". Torniamo al suo mandato: in realtà non l'ha nemmeno finito. "Ho lasciato qualche mese prima, per non permettere che venissero stravolti certi temi urbanistici. Mi è rimasto il dispiacere per le tante cose non fatte, ma in politica bisogna collocarsi in un percorso che non ti appartiene, e che altri hanno tracciato prima e proseguiranno dopo di te, con un'idea di continuità amministrativa". Teoria spesso disattesa, o no? "Il problema è che la politica italiana attuale è molto divisa. Anziché pensarsi in un percorso di continuità e come un unico popolo che vuol fare un passo avanti, sembra sia necessario negare l'altro e cancellare il lavoro fatto". A proposito, cosa pensa dei risultati del primo turno delle amministrative? "Sono felice per Milano che dimostra di non volere assistere indifferente al declino del paese ma si mette alla testa di un moto di riscatto etico e sociale. E sono felice per le riconferme di Torino e di Bologna, oltre che per il successo di Massimo Zedda a Cagliari, che ha portato in giro per i quartieri la visione di una città più moderna e più giusta raccogliendo una vasta adesione e creando i presupposti per la vittoria al ballottaggio". Torniamo a Soru, al suo grande progetto incompiuto: il Museo mediterraneo dell'arte nuragica e contemporanea del Bètile. "Bètile è stato penalizzato da quella politica che tende a negare le esperienze promosse dallo schieramento politico opposto. Il progetto era stato inizialmente appoggiato dal Comune". Sognava davvero un effetto Bilbao? "Sì, per una delle zone più emarginate di Cagliari, il quartiere di Sant'Elia, e inoltre sognavo la possibilità di presentare alla comunità internazionale la cultura nuragica, quasi sconosciuta fuori dalla Sardegna. Il Bètile avrebbe dovuto essere la porta d'ingresso dell'archeologia sarda, in cui si legavano passato e innovazione". A proposito di bellezza, nel suo discorso al Lingotto di Torino (convegno del Pd di fine gennaio) ha insistito sulla necessità di consegnare ai giovani la bellezza... "La bellezza è una categoria applicabile a diversi ambiti, ma quello più immediato è l'ambiente. Vorrei tornare al Piano Paesaggistico, perché è attraverso quello che abbiamo cercato di preservare le differenze che rendono unico un ambiente: la bellezza delle differenze. Ma la bellezza è anche una leva di crescita e libertà, per lo sviluppo economico. Ecco perché andrebbe ricercata da chi fa politica". Amici e nemici sono concordi nel dire che, dopo Soru, nulla è più stato come prima: cosa crede di avere cambiato nelle coscienze dei sardi? "Il diritto allo studio come bene comune. E il modo di considerare l'amministrazione e la gestione delle risorse: deve essere veloce, poco costosa e trasparente. Abbiamo diminuito il numero di impiegati del 30%, trasformando la Regione in un organismo più snello e meno costoso. Naturalmente, sappiamo che si guadagnano più consensi aumentando il numero del personale che non riducendolo. Quando siamo entrati c'erano 700 auto blu, ne abbiamo lasciate 50. Ma la lista degli esempi è lunga". Non un bel modo di farsi degli amici. "No, però siamo passati da un bilancio che chiudeva con un debito di un miliardo e 200 milioni di euro al pareggio. La "nostra" Regione ha avuto riconoscimenti per l'innovazione tecnologica e l'informatizzazione. Vorrei ricordare la questione della Sanità, che assorbe il 40% del budget regionale. Per migliorare la gestione abbiamo chiamato dal Piemonte un professore esperto in Economia sanitaria e con il suo contributo abbiamo migliorato l'efficienza del servizio evitando logiche clientelari. Abbiamo riconsegnato una sanità in ordine, ma è inevitabile che queste cose generino dibattito". È riuscito a farsi restituire 5 miliardi e mezzo derivanti dall'imposta regionale. Perché nelle elezioni regionali del 2009 non è stato rieletto? "Non lo so. Da tanti anni in Sardegna vige la regola dell'alternanza e non sono riuscito a invertire questo trend. C'è anche da dire che i partiti che mi sostenevano erano divisi. Terzo anello di debolezza, nostra: il ruolo dei mezzi di informazione, veri protagonisti della campagna elettorale e che non erano certo a nostro favore". Non se l'aspettava? "È stata dura, ma non vivo nel rimpianto". Parliamo di una Sardegna futura. Come la vede, realisticamente? "La Sardegna non è un progetto difficile perché è una regione definita, disegnata dal mare. Direi che gli obiettivi su cui puntare sono la sovranità alimentare, la tutela dell'ambiente e la conoscenza, quella che chiamo "intelligenza educata". Non sono d'accordo con chi crede che la Sardegna possa vivere di solo turismo e non credo in generale che il modello economico possa essere uno solo. In ogni caso, ribadisco che la priorità per la Sardegna dovrebbe essere quello di rendersi più indipendente. È assurdo che il 90% di quello che consumiamo sia importato. Lo stesso vale per l'energia. Abbiamo il sole, il vento, e dobbiamo fare in modo che diventino opportunità per tutti". In quanto Pd non può essere indipendentista, ma l'hanno definito un "quasi indipendentista". "Io mi definirei "interdipendentista". Siamo tutti interdipendenti, l'importante è che l'aiuto non vada in una sola direzione". La vostra giunta ha fatto la prima delibera in lingua sarda. "Per decenni l'amministrazione pubblica aveva parlato del sardo, ma in italiano. Per una volta ne abbiamo parlato in sardo. Credo che il sardo andrebbe insegnato nelle scuole come materia complementare. Lo vedo come la lingua degli affetti, quella che si parla in famiglia, ma anche la lingua della confidenza e dei sentimenti". Il sardo le sembra affettuoso? "In realtà sì. A mio avviso l'aggressività dei sardi è uno stereotipo. Come la balentia e l'ospitalità, sono luoghi comuni. Il più delle volte è solo paura e timidezza". Però lei ha anche promosso l'inglese. "Un progetto di tre anni rivolto non solo agli studenti: un grande successo per colmare un ritardo culturale". E c'è stato il Master and Back, uno dei pochi tra i suoi progetti che è piaciuto anche ai detrattori.... "Avevamo destinato 50 milioni di euro ai laureati che volevano seguire un master all'estero, indipendentemente dalle loro condizioni economiche: un investimento di tutta la comunità in quella che io chiamo "infrastruttura immateriale della conoscenza"". Antonello Licheri ha scritto un libro in cui la accusa di cesarismo... "È una critica facile da muovere". Un suo vero difetto? "Diciamo che un po' di pazienza in più non mi avrebbe fatto male". Nel presente e nel futuro prossimo di Soru c'è soprattutto Tiscali. L'ha trovata piuttosto malmessa dopo la parentesi da Governatore. E adesso? "Ho lasciato Tiscali per oltre 5 anni. Per ragioni di conflitto di interesse ho consegnato le mie azioni a un blind trust, mi sono obbligato a non parlare con gli amministratori e loro hanno fatto altrettanto. Sono rimasto fuori in un momento di grandi cambiamenti. Oggi Tiscali è una società più piccola, completamente cambiata, in cui mi sono impegnato con fiducia e che intendo rilanciare. In questi mesi abbiamo ridisegnato l'interfaccia del portale, ridefinito i contenuti potenziando l'offerta multimediale, lanciando un tg in sei lingue rivolto agli stranieri, pensato e sviluppato nuovi servizi, in cui si potrà riconoscere lo spirito di Tiscali e la sua capacità di innovazione".



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martedì 31 maggio 2011

La sconfitta del berlusconismo sia a destra che a sinistra: Il caso di Sinnai


La tornata elettorale del maggio 2011 sarà sicuramente da ricordare. Al contrario di tutti i pronostici, pure quelli del sottoscritto, il modo di fare e vedere la politica degli ultimi vent'anni è stato per la prima volta bocciato in blocco nelle maggiori città in cui si rinnovavano le amministrazioni.
In questo pezzo non voglio soffermarmi sulle vicende di Milano, Napoli e Cagliari, che per quanto significative, sono analizzate ampliamente dalla stampa e dal mondo dei blog.Vorrei illustrare le vicende di una realtà piccola, ma neanche troppo, come quella di Sinnai, piccola cittadina nella provincia di Cagliari che è stata teatro di uno scenario unico difficilmente riscontrabile in altre regioni italiane. I 16.000 abitanti della cittadina per più di trent'anni sono stati amministrati da una fazione che, per quanto si sia sempre richiamata ai partiti di sinistra dal PCI al PD, aveva ben poco dei valori che questi proclamavano. La vita all'interno della comunità si è progressivamente spenta fino a trasformare la cittadina in un contesto culturale vuoto in cui gli interessi e il clientelismo di chi sedeva in consiglio e in giunta potevano essere facilmente soddisfatti.
Con il finire del 2010, con la sconfitta di Cabras in seno al PD regionale e l'ascesa di Massimo Zedda a candidato sindaco per il capoluogo, un ondata di rinnovamento si riversa pure nei circoli dei centri minori: una giovane vice-sindaco, che sempre ha dovuto lottare per non essere manovrata all'interno della giunta comunale decide di proporre la sua candidatura a sindaco. Maria Barbara Pusceddu diviene la candidata del PD. All'interno della maggioranza la cosa viene mal digerita al punto che si decide di schierare i simboli degli altri partiti di sinistra contro la candidata del PD schierando Paolo Zedda per la carica di primo cittadino. Si trovano contrapposti due schieramenti, rinnovamento e conservatorismo, e con abili negoziati la coalizione di Zedda sottrae forze e personalità al nuovo che avanzava. Barbara Pusceddu apre la porta all'appoggio di qualsiasi lista voglia opporsi allo scempio politico che si sta verificando. Decidono di unirsi a lei alcuni simboli che generalmente si sono sempre schierati a destra ma che, vista la latitanza del PDL a livello locale a Sinnai decidono di proporre qualcosa di nuovo. Il percorso verso maggio vede lo schieramento di sinistra accusare di qualsiasi nefandezza e di "tradimento ideologico" la candidata Pusceddu mentre nella "coalizione anomala" si lavora per cercare di estromettere ciò che all'interno del municipio ormai puzzava, come il rinomato depuratore del paese. I risultati di maggio danno ragione ragione a Barbara Pusceddu e le motivazioni sono facilmente riscontrabili. Per prima cosa i metodi di campagna elettorare abusati da Berlusconi in questi mesi e ripresi da chi in paese si schierava con simboli a lui opposti ormai non funziona più. Come secondo punto il "berlusconismo di sinistra", tanto diffuso in paese a causa di opposizioni inesistenti è stato sconfitto al primo tentativo di opposizione seria portatrice finalmente di un programma serio. Il terzo punto è più che una spiegazione del risultato un'esempio di come dovrebbe essere la politica a livello nazionale: lo schieramento vincitore è formato da personalità di destra e di sinistra; per la prima volta negli ultimi vent'anni si è capito che avere posizioni differenti non significa essere "nemici" ma si tratta di visioni diverse della realtà e come ultimo scopo, se le posizioni politiche sono serie, coerenti e non portatrici di interessi clientelari, hanno comunque la realizzazione del bene comune il quale si ottiene con una sana e correttia dialettica democratica, latitante da tanto tempo in Italia.
Quello che Sinnai si appresta ad affrontare in questi 5 anni è un esperimento politico che servirà a verificare se lè crepe politiche italiane sono superabili: il tutto avverrà contro una vecchia classe dominante che nonostante sia stata devastata dalla tornata elettorale( nessuno dei membri della giunta comunale schierati con Paolo Zedda è stato eletto consigliere) non si da assolutamente per vinta, al punto che più della metà dei consiglieri di opposizione non si sono congratulati con la neo-eletta. Il clima è tesissimo, come nelle coalizioni di centro destra sconfitte nelle maggiori città.

sabato 23 aprile 2011

I politici non sono tutti uguali. Dall’imputato Renato Soru, oggi assolto, una lezione di dignità per tutti.

di Vito Biolchini

Sarà banale? Voglio dirlo lo stesso. Con il suo atteggiamento, con il suo rispetto per la giustizia, Renato Soru ha dato una grande lezione di dignità a tutti. Mentre altri politici utilizzano da anni un branco di servi in parlamento e nelle redazioni per cambiare le leggi scomode e far credere agli italiani di essere perseguitati, il nostro ex presidente della Regione ha accettato con serietà di essere giudicato dal tribunale e ha sempre subordinato ogni decisione sul suo futuro politico all’arrivo della sentenza. Che oggi è arrivata: Renato Soru è innocente.

Ma al di là delle valutazioni processuali sul caso Saatchi & Saatchi, mi verrebbe da dire che l’assoluzione è la giusta ricompensa per un uomo che con il suo atteggiamento ha ridato dignità alle istituzioni sarde. Dopo mesi di P3, di presidenti babbei, di assessori che incontrano Flavio Carboni, di consiglieri regionali che si pagano la spesa e le vacanze con i soldi con i quali dovrebbero fare attività politica, di ipocriti in giacca e cravatta che indicano la pagliuzza quando hanno la trave nell’occhio, avevamo bisogno di qualcuno che tornasse a comportarsi come una persona normale.

Perché è normale accettare il giudizio di un tribunale, è normale per un politico non candidarsi se si è sotto processo, è normale per un politico rispettare la magistratura. Ma queste sono semplici verità che spesso tendiamo a dimenticarci. Grazie a Renato Soru per avercele ricordate. E grazie per aver dimostrato che i politici non sono tutti uguali.



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mercoledì 20 aprile 2011

Scontro al T Hotel.


Confronto pubblico al T Hotel per quattro dei nove candidati sindaci alle prossime elezioni comunali di Cagliari. Ignazio Artizzu (Futuro e Libertà), Massimo Zedda (Sinistra Ecologia e Libertà), Massimo Fantola (Riformatori) e Claudia Zuncheddu (Indipendentisti) si sono misurati su alcuni dei temi caldi della campagna elettorale. Acceso scontro tra Fantola e Zedda sul museo del Betile: il candidato dei Riformatori, lanciando la proposta di “Cagliari come luogo di cultura”, ha aggiunto che “il Betile è un’idea vecchia, superata: un progetto che avrebbe reso la nostra città uguale a tante altre città del Mediterraneo”,mentre Zedda ha sottolineato la “sterile contrapposizione tra Regione e Comune” sulla realizzazione del museo. Tutti d’accordo sulle difficoltà, a livello economico, nell’investire a Cagliari, con la Zuncheddu che precisa: “A Cagliari si investe male, non poco”. Artizzu accusa i “forti interessi di famiglie e clan che opprimono la città”, aggiungendo però di “non conoscere i nomi di queste famiglie”, affermazione che provoca qualche risata in sala. Vedute divergenti sul rilancio: Artizzu punta forte sulla “nautica da diporto: quattro posti barca significano un posto di lavoro”, Fantola propone l’abbattimento della Tarsu e insiste su un “centro commerciale-artigianale all’aperto”, Zedda la “riqualificazione del centro storico con l’adeguamento al piano urbanistico regionale”. Anche la Zuncheddu si dice favorevole alla defiscalizzazione per scongiurare “la morte civile a Castello”. Per quanto riguarda il Poetto, tutti concordi sulla salvaguardia dei chioschi, che “vanno regolamentati”, secondo Artizzu, critico verso “l’immobilismo ventennale del comune”; Zedda propone “un piano unico di utilizzo di tutti i litorali”, con il recupero degli immobili dismessi. La Zuncheddu prospetta la “trasformazione del colle S. Elia in un parco e dell’ospedale Marino in una colonia estiva”. La ricetta di Fantola prevede “concessioni più lunghe ai chioschi e l’autorità unica sul Poetto”, con “il coinvolgimento del privato” nella costruzione di nuovi alberghi per il rilancio del turismo. Capitolo università: per Zedda i progetti a favore degli universitari ci sono, ma “manca la volontà del comune di realizzarli”; i quattro candidati, per i quali gli studenti sono un patrimonio, propongono l’ampliamento e l’aggiornamento delle biblioteche e il rafforzamento della rete di trasporti, “anche notturni” puntualizza la Zuncheddu. Artizzu lancia l’idea di “un master-back del Comune da affiancare a quello regionale, che favorisca il rientro degli studenti e del loro bagaglio di competenze da mettere a disposizione della comunità”.


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mercoledì 6 aprile 2011

Le informazioni in vista delle comunali di Cagliari.


Le date da cerchiare in rosso sul calendario sono due: domenica 15 e lunedì 16 maggio 2011. Nella giornata di domenica le urne resteranno aperte dalle ore 8 alle ore 22, lunedì dalle 7 alle 15. Gli aventi diritto al voto dovranno presentarsi presso la sezione di assegnazione con la tessera elettorale e un documento d’identità munito di fotografia. In caso di smarrimento della tessera,si può richiedere un duplicato presso l’Ufficio elettorale in piazza De Gasperi 1. I crudi numeri riguardo gli aventi diritto al voto sono incerti: dalle cifre fornite (137124 complessivi, 62876 uomini e 74248 donne) a poco più di un mese dalle elezioni, non sono ancora stati “scorporati i minori”, come precisa Mossa dello stesso Ufficio elettorale. Migliore la situazione circa le sezioni, che saranno 175 più 11 speciali, e i seggi, che dovrebbero essere 38, ma due di essi (istituti Baccaredda e Da Vinci) sono tuttora in dubbio e in attesa di adeguata collocazione.


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giovedì 31 marzo 2011

Nasce il sito di BooksLiFe!


Ha emesso i primi vagiti questa sera il sito di BooksLiFe! Un sito di libri, ma non solo: un sito in cui la lettura viene affrontata in tutte le sue sfaccettature. All'interno troverete le schede degli autori (tra le quali c'è persino la mia!) con interviste, più altre interessanti pagine da visitare, una su tutte: l'Esperimento BooksLife. Vi invito a visitare il sito, attraverso questo LINK.

Se poi siete interessati alla mia pagina personale, vi basterà cliccare QUI.

Un libro è come un viaggio...


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lunedì 28 marzo 2011

Il processo di Napoli story.

(di Antonello Angelini)

Finalmente, dopo tanti rinvii cercati dai Pm, si è chiusa la fase del dibattimento nell’ aula 216 della 9 sezione del tribunale di Napoli. Non so se si arriverà ad avere mai una sentenza essendo ancora pendenti molte situazioni tra le quali la prima è la richiesta di ricusazione di Teresa Casoria (pres. della 9° sezione e del collegio giudicante) da parte del procuratore Lepore e dei sostituti procuratori Narducci e Capuano. A questo punto credo sia venuto il momento di capire a livello sportivo cosa sia rimasto in piedi del castello accusatorio che ha portato nel 2006 alle sentenze sportive. Le sentenze sportive si basavano essenzialmente su alcuni dati allora incontrovertibili:

1) Moggi aveva un rapporto unico con i designatori arbitrali e pur non essendo riusciti a trovare alcuna partita della Juventus truccata, questi rapporti e la insana intemperie che gravava sul campionato di calcio della serie A, aveva portato a ritenere non veritiera la classifica .

2) Il sorteggio era truccato. Nella sentenza non si spiega come ma veniva dato come un dato acquisito.

3) Paparesta al termine di Reggina – Juventus era stato chiuso nello spogliatoio facendo guadagnare a Moggi una incriminazione per “sequestro di persona”.

4) Moggi era talmente potente che addirittura soggiogava il potere politico, e la dimostrazione era la telefonata del ministro dell’interno Pisanu che si confrontava con lui sul da farsi alla vigilia della morte del Santo Padre.

5) Moggi aveva tra i suo sodali l’ arbitro De Santis che gestiva un gruppo di arbitri denominato “la combriccola romana”.

6) Moggi e Giraudo riuscivano a far squalificare nelle partite precedenti i giocatori delle altre squadre che cosi si trovavano dimezzate nell’incontro con la Juventus. (Udinese-Juventus e Bologna-Juventus per esempio).

7) Moggi gestiva un potere mediatico dimostrato dal fatto che chiamasse al Processo del Lunedì di Biscardi per non far penalizzare troppo questo o quell’arbitro .

8) Gli arbitri che facevano parte della cupola venivano ricompensati non con somme in denaro o altro, ma se facevano ciò che voleva Moggi non erano penalizzati con squalifiche. Al contrario non arbitravano più le partite importanti ed in generale non venivano utilizzati per varie domeniche, perdendo cosi dei soldi (5.000 euro a partita ).

9) Moggi organizzava cene coi designatori prima delle partite (Livorno-Juventus).

10) Moggi si confrontava sulle griglie arbitrali per i sorteggi coi designatori, ed era l’ unico ad avere tale potere.

11) Moggi sapeva in anticipo i nomi degli arbitri e degli assistenti (in anticipo rispetto al comunicato ufficiale).

ADESSO veniamo a ciò che uscito in 3 anni di processo:

1) Moggi non era per niente l’unico a chiamare i designatori arbitrali, lo facevano tutti, da Moratti a Facchetti, Cellino e Foschi, Campedelli e quasi tutti i presidenti o dirigenti di A e B .

2) Il sorteggio non era truccato. Notai, giornalisti e altre intercettazioni hanno dimostrato come il sorteggio fosse regolare.

3) Paparesta non è mai stato chiuso nello spogliatoio. Archiviato il fascicolo alla Procura di Reggio Calabria, lo stesso arbitro ed altri hanno testimoniato come il fatto non sia mai successo. Inoltre c’ è una intercettazione nella quale Paparesta dice, riferendosi all’alterco con Moggi e Giraudo dopo il match, toni forti, non parolacce“ .. (fin troppo educati dopo quell’ arbitraggio insomma) . Ovviamente questa ultima intercettazione era stranamente “sfuggita”.

4) Moggi non solo non riesce a condizionare nella maniera da lui voluta, ma Galliani in un’altra intercettazione stranamente “sfuggita“ si fa beffe di lui, vantandosi con Meani: «mica dormo» e «quel figlio di puttana di Moggi che con Capello fa una coppia micidiale voleva giocare, invece noi slittiamo». E la giornata di campionato slitta, cosa mai successa nella storia della serie A. Ma Galliani non era quello che a malapena conosceva Meani???

5) La Juve con De Santis ha il peggiore score rispetto a tutti gli altri arbitri. Inoltre perde a Palermo e con l’Inter in Supercoppa proprio grazie ad errori della terna capeggiata da De Santis. Gli altri arbitri della combriccola romana non arbitrano mai la Juve. Inoltre in generale la Juventus fa 1,80 media punti a partita con gli arbitri considerati amici di Moggi e 2,60 di media con quelli considerati fuori cupola. Migliore media Collina: 5 vittorie e 1 pareggio, compresa la vittoria nello scontro scudetto a Milano. Dopo quella partita Galliani e Collina si sentono al telefono. Ma non era proibito? Sfuggita anche questa intercettazione.

6) Ebbene bastava studiare con un po’ di voglia di indagare, i dati del campionato e Auricchio e Narducci avrebbero avuto una bella scoperta: chi chiede i danni al processo di Napoli (Brescia) comanda la speciale classifica delle squalifiche “preventive” e quindi ha beneficiato di più, la Juventus si trova in questa classifica alla pari dell’ Inter vittima di calciopoli e sotto le potentissime Reggina, Atalanta e Lecce. Adesso fatevi quattro risate !!!

7) Il processo di Biscardi !!! Non varrebbe manco la pena di parlarne, comunque Auricchio capo delle indagini in aula alla obiezione degli avvocati sul fatto che la rivale della Juve avesse molto in comune con 3 reti Mediaset, risponde cosi: «Non mi risulta che il Mediaset sia controllata dal Milan». A noi risulta però che abbiano lo stesso proprietario caro Auricchio!!!

8) I fatti smentiscono ampiamente questa teoria: Racalbuto accusato di aiutare la Juve anche dopo la raccomandazione telefonica di Carraro a Bergamo «non si aiuti la Juve mi raccomando», non arbitra per 8 giornate, Paparesta che invece fa perdere la Juve a Reggio con errori grossolani viene mandato in B per un giornata e torna subito ad arbitrare in A. Pairetto (ipotetico sodale di Moggi) il giorno dopo gli dice che gli daranno una giornata in B, di non preoccuparsi. Inoltre Dattilo che da le ammonizioni ed espulsioni “preventive” a favore della Juve in Udinese –Brescia (tra l’ altro partita per la quale viene condannato Giraudo nel rito abbreviato), non arbitra per 18 giornate in serie A, un record!!!

9) Cene e incontri coi designatori le facevano in molti: Facchetti e Moratti (passa a prendere il regalino) , ma anche Baraldi assistito da Sacchi (proprio lui il grande moralizzatore sputtanato su RadioRadio da Bergamo in diretta telefonica), Galliani si incontrava con Collina nel ristorante di Meani nel giorno di chiusura ovviamente, senza camerieri e cuochi, cucinava Meani… meglio non farsi vedere. E perché era meglio non farsi vedere?

10) Non solo Moggi non era l’unico, ma risulta una sola telefonata a suo carico con Bergamo, nella quale si confrontano le griglie per il sorteggio della prima fascia. Alla fine non uscirà quella griglia ma un’altra. Facchetti invece chiede a Mazzei vice designatore di taroccare il sorteggio inserendo per la partita Juventus–Inter due arbitri preclusi (uno perché di Torino, l‘altro perché aveva arbitrato la Juve la domenica prima, cosi da far uscire assolutamente il terzo arbitro, quello gradito a loro: Collina. Arbitrerà Rodomonti e sbaglierà a favore dell’Inter. Perfino un giornalista della Gazzetta, anzi, il vicedirettore Ruggero Palombo, fa le griglie al telefono coi designatori a dimostrazione di come non ci fosse nulla di particolarmente strano. Altri parlano direttamente con gli arbitri o con i guardalinee, Moggi no. Spalletti chiama un arbitro, Facchetti un altro, di Galliani abbiamo detto, Meani ha centinaia di telefonate con arbitri e guardalinee, addirittura uno di questi (Puglisi), grande tifoso rossonero, durante l’intervallo di una partita arbitrata da lui in nord-Africa, chiama Meani per sapere cosa ha fatto la sua squadra del cuore, il diavolo rossonero. Poi si stupisce perché i designatori non gli facessero arbitrare la Juve magari. Però arbitrava il Milan. Ed aveva contatti diretti telefonici con Galliani; cosa si dicessero non si può sapere non essendo intercettati nessuno dei due, però buttare un orecchio li non ci sarebbe dispiaciuto vero Auricchio? Mannaggia!!!

11) Moggi sapeva in anticipo rispetto al comunicato gli arbitri e gli assistenti, Meani invece li designava lui !!! Collina in una delle altre intercettazioni “sfuggite” dice a Meani: «Vedo che hai una certa potenza!» riferendosi alle designazioni de guardalinee. Manfredi Martino, testimone dell’accusa, inviava messaggini al Milan anticipando le designazioni: «Trefoloni, non mollate, siamo tutti con voi»… e chi erano questi tutti? Forse anche i designatori? La Zarina? chi??? !!! Facchetti chiama Mazzei e gli indica in codice i guardalinee che erano graditi: numero 1 e numero 2 ! E Mazzei risponde: «certo, numero 1 e 2» . E questo avveniva 2 giorni prima della partita, mica dopo il sorteggio degli arbitri, ma prima del comunicato ufficiale. Persino il potentissimo Governato del Brescia fu più rapido di Moggi a sapere le designazioni. Ma anche queste intercettazioni, piaccia o non piaccia, erano stranamente “ sfuggite”.

Per brevità non aggiungo, altro se non la speranza che tutte queste novità non “sfuggano“ anche in sede sportiva, comunque finisca il processo di Napoli. La FIGC deve dare conto indipendentemente dalla sentenza di Napoli e farci capire se tutto questo era normale chiacchiera tra tesserati, come io e altri riteniamo, e allora ci dovrà spiegare perché la Juventus è andata in B, oppure dovrà punire con la stessa severità tutti gli altri, anche quegli intercettati che ancora non sono venuti fuori (le tante intercettazioni della Roma di cui parla la difesa di Moggi per esempio). Dovrà essere valutata ache la posizione dell’ Inter nel caso Nucini, un arbitro che collaborava come cavallo di Troia con l’ Inter pur continuando ad arbitrare sia l’Inter che altri; dovranno riassegnare o no quegli scudetti tolti alla Juve con sentenze frettolose e fatte da documentazioni più che parziali. Dovranno spiegarci come mai in questi processi non c’è una sola cosa che quadra.

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giovedì 24 marzo 2011

Gioventù ribelle...

Il gioco voluto dal ministro Meloni ammicca al linguaggio dei giovani ma senza conoscerlo fino in fondo. Le parodie su YouTube e la bocciatura dei siti specializzati: "E' il prodotto più brutto di tutti i tempi"

di FRANCESCO MERLO

Il videogioco "Gioventù ribelle" AMMICCA al linguaggio dei giovani ma solo chi non ne conosce il codice può credere che sia giovanile tradurre il grido "Savoia!" con l'inglese "Rampage!" che vuol dire furore. Evidentemente pensa che i giovani sono cretini il giovane ministro della Gioventù che ha commissionato un patriottico, giovanilistico videogioco dove un inesorabile eroe del Risorgimento spara a Pio IX che, infallibile, ricorre all'aiuto di Dio e mette in funzione il provvidenziale teletrasporto per levarselo di torno. Ma l'eroe (dei due mondi) torna (dall'altro mondo) e di nuovo avanza sparando e sterminando l'esercito pontificio e urla kill quando fa fuori un nemico, double kill quando ne ammazza due, e poi multi kill, mega kill, over kill. E attraversa cunicoli sotterranei, varca cancelli, si inoltra lungo i giardini del Quirinale e il suo fucile non conosce ostacoli, abbatte tutta la vita che incontra finché non si ritrova davanti quel diavolo di un Papa che, questa volta, lo fa definitivamente secco e senza neppure dargli l'estrema unzione. Il videogioco si chiama 'Gioventù Ribellè ed è una trovata della Meloni per "raccontare la storia ai giovani con il loro linguaggio". E va bene che i videogiochi per loro natura semplificano, ma non si capisce come una rivoltella - è proprio una Colt - e un moschetto che avanzano possano rimandare al passo di carica dei bersaglieri e alla breccia di Porta Pia. Né basta chiamare shooter, sparatore, l'eroe del Risorgimento per convincere i ragazzi di oggi che era uno di loro. La ministra ha pure illustrato la seguente trama: il generale Cadorna scrive al Papa intimandogli di arrendersi e assegna al nostro eroe il compito di consegnare la lettera direttamente nelle mani di Pio IX. Ma è una trama che non si deduce dal videogame, perché semplicemente non c'è, neppure per accenni. Dice la Meloni: "Della fedeltà della ricostruzione storica si è occupato l'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Alcuni dettagli possono essere stati lievemente alterati o risultare differenti dai modelli reali per meri limiti tecnici nella realizzazione degli oggetti 3D". In realtà i bersaglieri si riconoscono dai pennacchi appena accennati e i dragoni, le guardie svizzere e gli zuavi pontifici dai ghirigori sulla divisa chiara. Il papa è un omino tutto vestito di bianco. C'è un obelisco in mezzo a un campo piatto e brullo, ogni tanto emergono statue classicheggianti, gabinetti alla turca, bruttissimi cavalli, tende, anfore, un palazzone classico, e le case hanno la forma a scatola vagamente antropomorfa dei disegni infantili: due finestre a mo' di occhi a destra e a sinistra della porta. E poi botole e tombini ricordano il mondo dei pirati inglesi, più caverne dell'isola di Tortuga che palazzi vaticani. E ogni tanto c'è un bersagliere che cade a terra e muore, senza apparente motivo.
Prima di essere messo online (www. gioventuribelle. it), il gioco era stato presentato durante un'entusiastica cerimonia al Museo Maxxi di Roma dove erano intervenuti anche Giuliano Amato (davvero lo ha visto e approvato?) e il ministro della Salute Ferruccio Fazio. In realtà scaricarlo dal sito non è facile, ma ci hanno pensato i blogger a mandarlo su YouTube e subito a parodiarlo in mille modi, a farne oggetto di scherno più che di indignazione, a ridicolizzare l'inglese dei sardo piemontesi, a recensirlo nella forma e nel contenuto, a svelare che le sue parti migliori sono copiate, e a mostrare con quella competenza che io non ho il pessimo livello della tecnologia utilizzata: "È il peggiore video game sinora prodotto nella storia dei video game", hanno già scritto, dopo appena cinque giorni, i siti internazionali specializzati. E i forum come NeoGAF e Destructoid lo considerano peggiore anche del famoso Big Rigs (Grandi Camion) che deteneva il titolo negativo assegnato da Thunderbolt Games e Game Spot, "brutto che supera ogni limite dei precedenti giochi più brutti e sicuramente uno dei giochi che appartiene alla categoria dei giochi più atroci mai pubblicati". Come si vede qui c'è un'altra piccola conferma della potenza del Web, della sua velocità nel giudicare, nell'orientare, nel promuovere. Prima ancora di diventare notizia, il videogioco della Meloni è stato infatti demistificato come una concentrazione di ignoranza storica e di imperizia tecnica, come un gioco che non riesce neppure a divertire perché espone la miseria dell'Italia di oggi e nasconde la nobiltà dell'Italia del Risorgimento. C'è saggezza e c'è speranza in questa bocciatura che viene proprio dai giovani internauti e video-giocatori ai quali il game vorrebbe rivolgersi . Lo hanno liquidato con il linguaggio sincopato del Web, quel codice breve di un pensiero lungo che "Gioventù ribelle" non riesce ad imitare perché il giovanilismo è sempre un vezzo senile: i giovani non c'entrano. Sono un mondo che il nostro governo non conosce, quale che sia l'età dei suoi ministri.



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sabato 12 marzo 2011

I ricatti mediatici contro sole e vento.


di Giovanni Valentini
Nella retorica generalmente barocca di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e leader di "Sinistra, Ecologia, Libertà", in questo modo "si spegne il sole per favorire il nucleare". Ovvero, "il governo uccide il fotovoltaico". E verosimilmente non è facile coniare una sintesi più efficace, per riassumere e denunciare gli effetti perversi del decreto legislativo contro le energie rinnovabili. Con il provvedimento predisposto dal ministro Romani, non si rischia di bloccare soltanto i finanziamenti e quindi gli investimenti a favore di un pilastro portante della "green economy", quanto l´intero sviluppo economico dell´Italia a cui il suo stesso dicastero è intitolato, compromettendo la credibilità istituzionale e l´affidabilità del nostro Paese come dimostra anche la protesta dell´Associazione delle banche internazionali. Tanto più nel momento in cui le tensioni planetarie, a cominciare dalle forti turbolenze nella Libia di Gheddafi, spingono al rialzo il prezzo del petrolio e ripropongono il problema della nostra dipendenza energetica dall´estero. Il decreto contro il sole e contro il vento non fa che confermare, dunque, i sospetti e le preoccupazioni del fronte ambientalista che fin dall´inizio aveva individuato nel rilancio del programma nucleare il pericolo di uno stop alle rinnovabili. Un´inversione di tendenza che in realtà rivela una sorta di scambio occulto fra scelte e strategie alternative, interessi e capitoli di spesa. E naturalmente anche fra le rispettive lobby, quella dei pannelli fotovoltaici o delle pale eoliche e quella ben più potente e aggressiva dell´atomo. Alla base di questa opzione, non c´è infatti un´economia di mercato con le classiche regole della domanda e dell´offerta. C´è piuttosto un´economia di Stato, destinata in entrambi i casi a essere sostenuta o assistita – almeno per lungo tempo – dagli incentivi e dai finanziamenti statali. Ma c´è soprattutto – o meglio, dovrebbe esserci – l´interesse pubblico, l´interesse generale, l´interesse comune dei cittadini. Quali sono, precisamente, questi interessi? Quello economico e quello ambientale. Lo sviluppo e l´indipendenza energetica. La sicurezza e la salute. E ciascuno di noi è libero di stabilire la gerarchia che preferisce, tenendo conto dei costi e dei benefici, dei vantaggi e dei rischi. Quello che non si può fare è propalare notizie false e tendenziose; lanciare allarmi o peggio ancora ricatti mediatici sui costi dell´energia verde; oppure "raccontare frottole", come contesta apertamente il senatore Francesco Ferrante (Pd) al presidente del Consiglio, a proposito del peso delle rinnovabili sulle bollette. A parte l´Iva che nel 2010 ha gravato da sola per un miliardo di euro, come se si trattasse dell´acquisto di un bene o servizio, il responsabile delle Politiche per l´energia del Partito democratico ricorda polemicamente che gli utenti italiani continuano a pagare sull´elettricità 300 milioni di euro all´anno per il nucleare che non esiste più nel nostro Paese dal 1987; oltre 1,2 miliardi per il famigerato "CIP 6" che, invece di essere destinato effettivamente a incentivare le fonti alternative, s´è risolto in un regalo ai petrolieri; e più di 355 milioni in agevolazioni alle Ferrovie dello Stato. Al contrario poi di quanto tenta di accreditare la propaganda governativa, l´atomo non assicura affatto l´indipendenza energetica: per il semplice motivo che per produrre il nucleare occorre l´uranio e l´Italia non possiede notoriamente giacimenti di tale combustibile. Resta infine, come una maledizione biblica, la questione tuttora irrisolta dello stoccaggio e smaltimento delle scorie radioattive. La verità è che a tutt´oggi l´energia nucleare è ancora troppo cara e troppo rischiosa. Per paradosso, considerando gli investimenti necessari e appunto i finanziamenti statali, all´Italia costerebbe di più produrla in proprio che continuare a importarla dalla Francia. E ragionevolmente non c´è neppure da temere che questa decida all´improvviso d´interrompere le forniture: si tratta infatti di una produzione a ciclo continuo che non può essere ridotta o sospesa ed  essendo in esubero, rispetto al fabbisogno nazionale francese, non troverebbe altri sbocchi sul mercato. A tagliare definitivamente la testa al toro, il fattore tempo. Per costruire una centrale nucleare, occorrono almeno 10-15 anni. L´Italia non potrebbe permettersi di aspettare tanto, anche per non rischiare di essere condannata a pagare le pesanti sanzioni previste per chi, secondo il Protocollo di Kyoto, non rispetta il cosiddetto "pacchetto clima" varato dall´Unione europea e già approvato anche dal nostro Parlamento, con la formula "20-20-20": vale a dire, 20% in meno di emissione di gas-serra, 20% di risparmio energetico e 20% in più di fonti rinnovabili, entro il 2020. Meno di dieci anni. E per rispettare quella scadenza, bisogna cominciare a lavorare subito.


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