venerdì 7 gennaio 2011

Lo strano partito che aiuta il Cavaliere a restare in sella (Questo post è dedicato a Tizeta).


di Curzio Maltese

Quando difendevo ancora Antonio Di Pietro, Franca Rame, appena eletta in Parlamento con l'Idv, obiettava: «Sarà, ma questo è uno dei peggiori gruppi maschili che abbia mai frequentato in vita mia». Franca si dimise quando il gruppo dipietrista fece mancare la maggioranza al governo Prodi sullo scioglimento della società Ponte sullo Stretto e sulla commissione parlamentare per i fatti del G8 di Genova. Due voti a sorpresa che si spiegano soltanto con interessi inconfessabili. A rivendicare con fierezza il tradimento alla maggioranza fu all'epoca l'onorevole dipietrista Aurelio Misiti, già passato dal Pci al centrodestra e poi ripassato all'Idv, entusiasta sostenitore del ponte Impregilo. Di Pietro stesso invece ammise il grave errore, in un'intervista a Marco Travaglio. Un'autocritica addolorata, quanto falsa. Alle elezioni successive, nel 2008, Di Pietro infatti confermò in lista Misiti, il quale con animo grato si è già dimesso dall'Ido per passare con gli autonomisti di Lombardo. Sembrava l'ultimo di una lunga lista. Invece sono arrivati Scilipoti e Razzi. Ricapitoliamo. Il campione dell'antiberlusconismo militante, Antonio Di Pietro, ha ottenuto nella decennale battaglia contro il duce di Amore i seguenti risultati concreti: 1) Ha fatto vincere Berlusconi nel 2001, rifiutando di portare il suo 4 per cento nel centrosinistra, sconfitto alla fine per uno scarto dell'1,5. Tutto per eleggere un senatore, Valerio Carrara, approdato al volo in Forza Italia; 2) Ha contribuito alla caduta del governo Prodi e al ritorno di Berlusconi nel 2008, facendo mancare più volte la maggioranza e portando in Parlamento galantuomini del calibro di Sergio Di Gregorio; 3) Ha scongiurato la fine di Berlusconi lo scorso 14 dicembre, grazie ai voti decisivi di due mediocri e chiacchierati personaggi, Scilipoti e Razzi, che Di Pietro aveva voluto a tutti i costi in lista, contro il parere di molti compagni di partito. C'è una questione morale nell'Idv? Vedete voi. Di sicuro, esiste una questione politica. A che cosa serve un partito antiberlusconiano che nei passaggi decisivi, in un modo o nell'altro, ha sempre aiutato lo «stupratore della democrazia» a rimanere in sella? Il vice di Di Pietro, Donadi, minimizza: «Non mettiamoci a fare il conto dei traditori, anche il Pd ne ha avuti due». Sì, ma su duecento deputati. L'Idv ne ha una ventina. Se il dieci per cento dei deputati del Pd avesse votato la fiducia a Berlusconi, Donadi sarebbe stato altrettanto sportivo?


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