giovedì 31 marzo 2011

Nasce il sito di BooksLiFe!


Ha emesso i primi vagiti questa sera il sito di BooksLiFe! Un sito di libri, ma non solo: un sito in cui la lettura viene affrontata in tutte le sue sfaccettature. All'interno troverete le schede degli autori (tra le quali c'è persino la mia!) con interviste, più altre interessanti pagine da visitare, una su tutte: l'Esperimento BooksLife. Vi invito a visitare il sito, attraverso questo LINK.

Se poi siete interessati alla mia pagina personale, vi basterà cliccare QUI.

Un libro è come un viaggio...


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lunedì 28 marzo 2011

Il processo di Napoli story.

(di Antonello Angelini)

Finalmente, dopo tanti rinvii cercati dai Pm, si è chiusa la fase del dibattimento nell’ aula 216 della 9 sezione del tribunale di Napoli. Non so se si arriverà ad avere mai una sentenza essendo ancora pendenti molte situazioni tra le quali la prima è la richiesta di ricusazione di Teresa Casoria (pres. della 9° sezione e del collegio giudicante) da parte del procuratore Lepore e dei sostituti procuratori Narducci e Capuano. A questo punto credo sia venuto il momento di capire a livello sportivo cosa sia rimasto in piedi del castello accusatorio che ha portato nel 2006 alle sentenze sportive. Le sentenze sportive si basavano essenzialmente su alcuni dati allora incontrovertibili:

1) Moggi aveva un rapporto unico con i designatori arbitrali e pur non essendo riusciti a trovare alcuna partita della Juventus truccata, questi rapporti e la insana intemperie che gravava sul campionato di calcio della serie A, aveva portato a ritenere non veritiera la classifica .

2) Il sorteggio era truccato. Nella sentenza non si spiega come ma veniva dato come un dato acquisito.

3) Paparesta al termine di Reggina – Juventus era stato chiuso nello spogliatoio facendo guadagnare a Moggi una incriminazione per “sequestro di persona”.

4) Moggi era talmente potente che addirittura soggiogava il potere politico, e la dimostrazione era la telefonata del ministro dell’interno Pisanu che si confrontava con lui sul da farsi alla vigilia della morte del Santo Padre.

5) Moggi aveva tra i suo sodali l’ arbitro De Santis che gestiva un gruppo di arbitri denominato “la combriccola romana”.

6) Moggi e Giraudo riuscivano a far squalificare nelle partite precedenti i giocatori delle altre squadre che cosi si trovavano dimezzate nell’incontro con la Juventus. (Udinese-Juventus e Bologna-Juventus per esempio).

7) Moggi gestiva un potere mediatico dimostrato dal fatto che chiamasse al Processo del Lunedì di Biscardi per non far penalizzare troppo questo o quell’arbitro .

8) Gli arbitri che facevano parte della cupola venivano ricompensati non con somme in denaro o altro, ma se facevano ciò che voleva Moggi non erano penalizzati con squalifiche. Al contrario non arbitravano più le partite importanti ed in generale non venivano utilizzati per varie domeniche, perdendo cosi dei soldi (5.000 euro a partita ).

9) Moggi organizzava cene coi designatori prima delle partite (Livorno-Juventus).

10) Moggi si confrontava sulle griglie arbitrali per i sorteggi coi designatori, ed era l’ unico ad avere tale potere.

11) Moggi sapeva in anticipo i nomi degli arbitri e degli assistenti (in anticipo rispetto al comunicato ufficiale).

ADESSO veniamo a ciò che uscito in 3 anni di processo:

1) Moggi non era per niente l’unico a chiamare i designatori arbitrali, lo facevano tutti, da Moratti a Facchetti, Cellino e Foschi, Campedelli e quasi tutti i presidenti o dirigenti di A e B .

2) Il sorteggio non era truccato. Notai, giornalisti e altre intercettazioni hanno dimostrato come il sorteggio fosse regolare.

3) Paparesta non è mai stato chiuso nello spogliatoio. Archiviato il fascicolo alla Procura di Reggio Calabria, lo stesso arbitro ed altri hanno testimoniato come il fatto non sia mai successo. Inoltre c’ è una intercettazione nella quale Paparesta dice, riferendosi all’alterco con Moggi e Giraudo dopo il match, toni forti, non parolacce“ .. (fin troppo educati dopo quell’ arbitraggio insomma) . Ovviamente questa ultima intercettazione era stranamente “sfuggita”.

4) Moggi non solo non riesce a condizionare nella maniera da lui voluta, ma Galliani in un’altra intercettazione stranamente “sfuggita“ si fa beffe di lui, vantandosi con Meani: «mica dormo» e «quel figlio di puttana di Moggi che con Capello fa una coppia micidiale voleva giocare, invece noi slittiamo». E la giornata di campionato slitta, cosa mai successa nella storia della serie A. Ma Galliani non era quello che a malapena conosceva Meani???

5) La Juve con De Santis ha il peggiore score rispetto a tutti gli altri arbitri. Inoltre perde a Palermo e con l’Inter in Supercoppa proprio grazie ad errori della terna capeggiata da De Santis. Gli altri arbitri della combriccola romana non arbitrano mai la Juve. Inoltre in generale la Juventus fa 1,80 media punti a partita con gli arbitri considerati amici di Moggi e 2,60 di media con quelli considerati fuori cupola. Migliore media Collina: 5 vittorie e 1 pareggio, compresa la vittoria nello scontro scudetto a Milano. Dopo quella partita Galliani e Collina si sentono al telefono. Ma non era proibito? Sfuggita anche questa intercettazione.

6) Ebbene bastava studiare con un po’ di voglia di indagare, i dati del campionato e Auricchio e Narducci avrebbero avuto una bella scoperta: chi chiede i danni al processo di Napoli (Brescia) comanda la speciale classifica delle squalifiche “preventive” e quindi ha beneficiato di più, la Juventus si trova in questa classifica alla pari dell’ Inter vittima di calciopoli e sotto le potentissime Reggina, Atalanta e Lecce. Adesso fatevi quattro risate !!!

7) Il processo di Biscardi !!! Non varrebbe manco la pena di parlarne, comunque Auricchio capo delle indagini in aula alla obiezione degli avvocati sul fatto che la rivale della Juve avesse molto in comune con 3 reti Mediaset, risponde cosi: «Non mi risulta che il Mediaset sia controllata dal Milan». A noi risulta però che abbiano lo stesso proprietario caro Auricchio!!!

8) I fatti smentiscono ampiamente questa teoria: Racalbuto accusato di aiutare la Juve anche dopo la raccomandazione telefonica di Carraro a Bergamo «non si aiuti la Juve mi raccomando», non arbitra per 8 giornate, Paparesta che invece fa perdere la Juve a Reggio con errori grossolani viene mandato in B per un giornata e torna subito ad arbitrare in A. Pairetto (ipotetico sodale di Moggi) il giorno dopo gli dice che gli daranno una giornata in B, di non preoccuparsi. Inoltre Dattilo che da le ammonizioni ed espulsioni “preventive” a favore della Juve in Udinese –Brescia (tra l’ altro partita per la quale viene condannato Giraudo nel rito abbreviato), non arbitra per 18 giornate in serie A, un record!!!

9) Cene e incontri coi designatori le facevano in molti: Facchetti e Moratti (passa a prendere il regalino) , ma anche Baraldi assistito da Sacchi (proprio lui il grande moralizzatore sputtanato su RadioRadio da Bergamo in diretta telefonica), Galliani si incontrava con Collina nel ristorante di Meani nel giorno di chiusura ovviamente, senza camerieri e cuochi, cucinava Meani… meglio non farsi vedere. E perché era meglio non farsi vedere?

10) Non solo Moggi non era l’unico, ma risulta una sola telefonata a suo carico con Bergamo, nella quale si confrontano le griglie per il sorteggio della prima fascia. Alla fine non uscirà quella griglia ma un’altra. Facchetti invece chiede a Mazzei vice designatore di taroccare il sorteggio inserendo per la partita Juventus–Inter due arbitri preclusi (uno perché di Torino, l‘altro perché aveva arbitrato la Juve la domenica prima, cosi da far uscire assolutamente il terzo arbitro, quello gradito a loro: Collina. Arbitrerà Rodomonti e sbaglierà a favore dell’Inter. Perfino un giornalista della Gazzetta, anzi, il vicedirettore Ruggero Palombo, fa le griglie al telefono coi designatori a dimostrazione di come non ci fosse nulla di particolarmente strano. Altri parlano direttamente con gli arbitri o con i guardalinee, Moggi no. Spalletti chiama un arbitro, Facchetti un altro, di Galliani abbiamo detto, Meani ha centinaia di telefonate con arbitri e guardalinee, addirittura uno di questi (Puglisi), grande tifoso rossonero, durante l’intervallo di una partita arbitrata da lui in nord-Africa, chiama Meani per sapere cosa ha fatto la sua squadra del cuore, il diavolo rossonero. Poi si stupisce perché i designatori non gli facessero arbitrare la Juve magari. Però arbitrava il Milan. Ed aveva contatti diretti telefonici con Galliani; cosa si dicessero non si può sapere non essendo intercettati nessuno dei due, però buttare un orecchio li non ci sarebbe dispiaciuto vero Auricchio? Mannaggia!!!

11) Moggi sapeva in anticipo rispetto al comunicato gli arbitri e gli assistenti, Meani invece li designava lui !!! Collina in una delle altre intercettazioni “sfuggite” dice a Meani: «Vedo che hai una certa potenza!» riferendosi alle designazioni de guardalinee. Manfredi Martino, testimone dell’accusa, inviava messaggini al Milan anticipando le designazioni: «Trefoloni, non mollate, siamo tutti con voi»… e chi erano questi tutti? Forse anche i designatori? La Zarina? chi??? !!! Facchetti chiama Mazzei e gli indica in codice i guardalinee che erano graditi: numero 1 e numero 2 ! E Mazzei risponde: «certo, numero 1 e 2» . E questo avveniva 2 giorni prima della partita, mica dopo il sorteggio degli arbitri, ma prima del comunicato ufficiale. Persino il potentissimo Governato del Brescia fu più rapido di Moggi a sapere le designazioni. Ma anche queste intercettazioni, piaccia o non piaccia, erano stranamente “ sfuggite”.

Per brevità non aggiungo, altro se non la speranza che tutte queste novità non “sfuggano“ anche in sede sportiva, comunque finisca il processo di Napoli. La FIGC deve dare conto indipendentemente dalla sentenza di Napoli e farci capire se tutto questo era normale chiacchiera tra tesserati, come io e altri riteniamo, e allora ci dovrà spiegare perché la Juventus è andata in B, oppure dovrà punire con la stessa severità tutti gli altri, anche quegli intercettati che ancora non sono venuti fuori (le tante intercettazioni della Roma di cui parla la difesa di Moggi per esempio). Dovrà essere valutata ache la posizione dell’ Inter nel caso Nucini, un arbitro che collaborava come cavallo di Troia con l’ Inter pur continuando ad arbitrare sia l’Inter che altri; dovranno riassegnare o no quegli scudetti tolti alla Juve con sentenze frettolose e fatte da documentazioni più che parziali. Dovranno spiegarci come mai in questi processi non c’è una sola cosa che quadra.

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giovedì 24 marzo 2011

Gioventù ribelle...

Il gioco voluto dal ministro Meloni ammicca al linguaggio dei giovani ma senza conoscerlo fino in fondo. Le parodie su YouTube e la bocciatura dei siti specializzati: "E' il prodotto più brutto di tutti i tempi"

di FRANCESCO MERLO

Il videogioco "Gioventù ribelle" AMMICCA al linguaggio dei giovani ma solo chi non ne conosce il codice può credere che sia giovanile tradurre il grido "Savoia!" con l'inglese "Rampage!" che vuol dire furore. Evidentemente pensa che i giovani sono cretini il giovane ministro della Gioventù che ha commissionato un patriottico, giovanilistico videogioco dove un inesorabile eroe del Risorgimento spara a Pio IX che, infallibile, ricorre all'aiuto di Dio e mette in funzione il provvidenziale teletrasporto per levarselo di torno. Ma l'eroe (dei due mondi) torna (dall'altro mondo) e di nuovo avanza sparando e sterminando l'esercito pontificio e urla kill quando fa fuori un nemico, double kill quando ne ammazza due, e poi multi kill, mega kill, over kill. E attraversa cunicoli sotterranei, varca cancelli, si inoltra lungo i giardini del Quirinale e il suo fucile non conosce ostacoli, abbatte tutta la vita che incontra finché non si ritrova davanti quel diavolo di un Papa che, questa volta, lo fa definitivamente secco e senza neppure dargli l'estrema unzione. Il videogioco si chiama 'Gioventù Ribellè ed è una trovata della Meloni per "raccontare la storia ai giovani con il loro linguaggio". E va bene che i videogiochi per loro natura semplificano, ma non si capisce come una rivoltella - è proprio una Colt - e un moschetto che avanzano possano rimandare al passo di carica dei bersaglieri e alla breccia di Porta Pia. Né basta chiamare shooter, sparatore, l'eroe del Risorgimento per convincere i ragazzi di oggi che era uno di loro. La ministra ha pure illustrato la seguente trama: il generale Cadorna scrive al Papa intimandogli di arrendersi e assegna al nostro eroe il compito di consegnare la lettera direttamente nelle mani di Pio IX. Ma è una trama che non si deduce dal videogame, perché semplicemente non c'è, neppure per accenni. Dice la Meloni: "Della fedeltà della ricostruzione storica si è occupato l'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Alcuni dettagli possono essere stati lievemente alterati o risultare differenti dai modelli reali per meri limiti tecnici nella realizzazione degli oggetti 3D". In realtà i bersaglieri si riconoscono dai pennacchi appena accennati e i dragoni, le guardie svizzere e gli zuavi pontifici dai ghirigori sulla divisa chiara. Il papa è un omino tutto vestito di bianco. C'è un obelisco in mezzo a un campo piatto e brullo, ogni tanto emergono statue classicheggianti, gabinetti alla turca, bruttissimi cavalli, tende, anfore, un palazzone classico, e le case hanno la forma a scatola vagamente antropomorfa dei disegni infantili: due finestre a mo' di occhi a destra e a sinistra della porta. E poi botole e tombini ricordano il mondo dei pirati inglesi, più caverne dell'isola di Tortuga che palazzi vaticani. E ogni tanto c'è un bersagliere che cade a terra e muore, senza apparente motivo.
Prima di essere messo online (www. gioventuribelle. it), il gioco era stato presentato durante un'entusiastica cerimonia al Museo Maxxi di Roma dove erano intervenuti anche Giuliano Amato (davvero lo ha visto e approvato?) e il ministro della Salute Ferruccio Fazio. In realtà scaricarlo dal sito non è facile, ma ci hanno pensato i blogger a mandarlo su YouTube e subito a parodiarlo in mille modi, a farne oggetto di scherno più che di indignazione, a ridicolizzare l'inglese dei sardo piemontesi, a recensirlo nella forma e nel contenuto, a svelare che le sue parti migliori sono copiate, e a mostrare con quella competenza che io non ho il pessimo livello della tecnologia utilizzata: "È il peggiore video game sinora prodotto nella storia dei video game", hanno già scritto, dopo appena cinque giorni, i siti internazionali specializzati. E i forum come NeoGAF e Destructoid lo considerano peggiore anche del famoso Big Rigs (Grandi Camion) che deteneva il titolo negativo assegnato da Thunderbolt Games e Game Spot, "brutto che supera ogni limite dei precedenti giochi più brutti e sicuramente uno dei giochi che appartiene alla categoria dei giochi più atroci mai pubblicati". Come si vede qui c'è un'altra piccola conferma della potenza del Web, della sua velocità nel giudicare, nell'orientare, nel promuovere. Prima ancora di diventare notizia, il videogioco della Meloni è stato infatti demistificato come una concentrazione di ignoranza storica e di imperizia tecnica, come un gioco che non riesce neppure a divertire perché espone la miseria dell'Italia di oggi e nasconde la nobiltà dell'Italia del Risorgimento. C'è saggezza e c'è speranza in questa bocciatura che viene proprio dai giovani internauti e video-giocatori ai quali il game vorrebbe rivolgersi . Lo hanno liquidato con il linguaggio sincopato del Web, quel codice breve di un pensiero lungo che "Gioventù ribelle" non riesce ad imitare perché il giovanilismo è sempre un vezzo senile: i giovani non c'entrano. Sono un mondo che il nostro governo non conosce, quale che sia l'età dei suoi ministri.



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sabato 12 marzo 2011

I ricatti mediatici contro sole e vento.


di Giovanni Valentini
Nella retorica generalmente barocca di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e leader di "Sinistra, Ecologia, Libertà", in questo modo "si spegne il sole per favorire il nucleare". Ovvero, "il governo uccide il fotovoltaico". E verosimilmente non è facile coniare una sintesi più efficace, per riassumere e denunciare gli effetti perversi del decreto legislativo contro le energie rinnovabili. Con il provvedimento predisposto dal ministro Romani, non si rischia di bloccare soltanto i finanziamenti e quindi gli investimenti a favore di un pilastro portante della "green economy", quanto l´intero sviluppo economico dell´Italia a cui il suo stesso dicastero è intitolato, compromettendo la credibilità istituzionale e l´affidabilità del nostro Paese come dimostra anche la protesta dell´Associazione delle banche internazionali. Tanto più nel momento in cui le tensioni planetarie, a cominciare dalle forti turbolenze nella Libia di Gheddafi, spingono al rialzo il prezzo del petrolio e ripropongono il problema della nostra dipendenza energetica dall´estero. Il decreto contro il sole e contro il vento non fa che confermare, dunque, i sospetti e le preoccupazioni del fronte ambientalista che fin dall´inizio aveva individuato nel rilancio del programma nucleare il pericolo di uno stop alle rinnovabili. Un´inversione di tendenza che in realtà rivela una sorta di scambio occulto fra scelte e strategie alternative, interessi e capitoli di spesa. E naturalmente anche fra le rispettive lobby, quella dei pannelli fotovoltaici o delle pale eoliche e quella ben più potente e aggressiva dell´atomo. Alla base di questa opzione, non c´è infatti un´economia di mercato con le classiche regole della domanda e dell´offerta. C´è piuttosto un´economia di Stato, destinata in entrambi i casi a essere sostenuta o assistita – almeno per lungo tempo – dagli incentivi e dai finanziamenti statali. Ma c´è soprattutto – o meglio, dovrebbe esserci – l´interesse pubblico, l´interesse generale, l´interesse comune dei cittadini. Quali sono, precisamente, questi interessi? Quello economico e quello ambientale. Lo sviluppo e l´indipendenza energetica. La sicurezza e la salute. E ciascuno di noi è libero di stabilire la gerarchia che preferisce, tenendo conto dei costi e dei benefici, dei vantaggi e dei rischi. Quello che non si può fare è propalare notizie false e tendenziose; lanciare allarmi o peggio ancora ricatti mediatici sui costi dell´energia verde; oppure "raccontare frottole", come contesta apertamente il senatore Francesco Ferrante (Pd) al presidente del Consiglio, a proposito del peso delle rinnovabili sulle bollette. A parte l´Iva che nel 2010 ha gravato da sola per un miliardo di euro, come se si trattasse dell´acquisto di un bene o servizio, il responsabile delle Politiche per l´energia del Partito democratico ricorda polemicamente che gli utenti italiani continuano a pagare sull´elettricità 300 milioni di euro all´anno per il nucleare che non esiste più nel nostro Paese dal 1987; oltre 1,2 miliardi per il famigerato "CIP 6" che, invece di essere destinato effettivamente a incentivare le fonti alternative, s´è risolto in un regalo ai petrolieri; e più di 355 milioni in agevolazioni alle Ferrovie dello Stato. Al contrario poi di quanto tenta di accreditare la propaganda governativa, l´atomo non assicura affatto l´indipendenza energetica: per il semplice motivo che per produrre il nucleare occorre l´uranio e l´Italia non possiede notoriamente giacimenti di tale combustibile. Resta infine, come una maledizione biblica, la questione tuttora irrisolta dello stoccaggio e smaltimento delle scorie radioattive. La verità è che a tutt´oggi l´energia nucleare è ancora troppo cara e troppo rischiosa. Per paradosso, considerando gli investimenti necessari e appunto i finanziamenti statali, all´Italia costerebbe di più produrla in proprio che continuare a importarla dalla Francia. E ragionevolmente non c´è neppure da temere che questa decida all´improvviso d´interrompere le forniture: si tratta infatti di una produzione a ciclo continuo che non può essere ridotta o sospesa ed  essendo in esubero, rispetto al fabbisogno nazionale francese, non troverebbe altri sbocchi sul mercato. A tagliare definitivamente la testa al toro, il fattore tempo. Per costruire una centrale nucleare, occorrono almeno 10-15 anni. L´Italia non potrebbe permettersi di aspettare tanto, anche per non rischiare di essere condannata a pagare le pesanti sanzioni previste per chi, secondo il Protocollo di Kyoto, non rispetta il cosiddetto "pacchetto clima" varato dall´Unione europea e già approvato anche dal nostro Parlamento, con la formula "20-20-20": vale a dire, 20% in meno di emissione di gas-serra, 20% di risparmio energetico e 20% in più di fonti rinnovabili, entro il 2020. Meno di dieci anni. E per rispettare quella scadenza, bisogna cominciare a lavorare subito.


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sabato 5 marzo 2011

" Più coraggio per crescere "


Premetto una cosa fondamentale, non ho mai studiato economia in vita mia, le poche cose che so provengono dalla lettura dei giornali e da qualche chiacchierata con amici più ferrati di me, vuoi per necessità universitarie o interesse personale. Scrivo questo post solo sulla base delle mie riflessioni da profano in merito all'editoriale odierno di Giavazzi, sul paginone del Corriere della Sera, dal titolo " Il reddito degli italiani " , sottotitolo "più coraggio per crescere". In sostanza secondo i dati riportati " nella classifica della ricchezza privata gli italiani sono al primo posto. La loro ricchezza netta è pari a quasi otto volte il loro reddito annuale [...] In Germania il rapporto è di 6 volte , 7.5 in Francia".
Discorso inverso per quanto riguarda la crescita del reddito medio, che in Italia è diminuito del 4% a fronte di un aumento medio nella zona UE che va dal 5 al 7 %.
"Evidentemente utilizziamo male la nostra ricchezza, cioè non la impieghiamo là dove potrebbe aiutare la crescita", chiosa il buon Giavazzi, prima di addentrarsi nello specifico.
Da completo ignorante in materia, ma amante delle statistiche mi son fatto due rapidi calcoli per dare un senso più preciso a questi dati.
Ho preso in esame Italia e Francia, in cui il minimo sindacale viaggia attorno ai 6 € ( in Italia non esiste un minimo sindacale ufficiale ) per il nostro stivale e oltre gli 8.5 € per i transalpini.
Ipotizzando le canoniche 8 ore lavorative ( 7 effettive nella maggior parte dei casi ) si arriva attorno ai 960 €/mese in Italia a fronte dei 1360 Francesi. Moltiplicando questo dato approssimativo per i 12 mesi lavorativi otteniamo un reddito annuo di 11520€ per l' Italia e 16320€ per la Francia. Tra tredicesime, quattordicesime o extra, supponiamo un dato approssimativo che si aggira attorno ai 13000€ per l' Italia e i 18000 per la Francia.
Se il valore patrimoniale italiano è pari a circa 8 volte il reddito annuale dovrebbe orientativamente attestarsi sui 104000 € contro i 135000 francesi (7.5 del reddito annuo). Le famiglie italiane sono ancora al primo posto per quanto concerne la ricchezza patrimoniale?
Ma non è finita, se i redditi sono calati del 4% quello italiano dovrebbe viaggiare attorno ai 920 € mensili, mentre in Francia dovrebbe essere cresciuto tra il 5 e il 7 % ( supponiamo 6% ), perciò da 1360 a 1441€/mese.
Se così fosse il reddito annuo dovrebbe essere rispettivamente 12.500€ per l' Italia e 19000 per la Francia, con una situazione patrimoniale di 100000€ italiani contro i 142000 francesi.
"Più coraggio per crescere ?"
In soldoni se guadagno 10 e ho 80 come patrimonio ( ben otto volte il mio reddito annuo! ) sto meglio rispetto a chi guadagna 15 ma ha un patrimonio che supera i 100? Non mi pare ci sia una discrepanza così elevata per quanto concerne i tenori di vita, ma magari mi sbaglio...
Accetto smentite, obiezioni e anche "lezioni", ben vengano! Ma quando una famiglia riesce a malapena ad arrivare a fine mese il " coraggio per crescere " mi pare un'affermazione abbastanza ridicola... " E ' vero che la nostra scarsa crescita è anche frutto di una ricchezza mal distribuita [...] ma spesso sono frutto di posizioni di rendita e rimangono estranei al circuito della crescita ( immagino alluda ad investimenti con tasso di interesse annuo fisso, presumo ). Ma se una famiglia decide di investire quei pochi soldi messi da parte è anche normale che faccia degli investimenti prudenti per avere una rendita piccola ma garantita, o sbaglio? Mancanza di audacia? O forse paura di stare col culo per terra?