martedì 4 ottobre 2011

[Lungo i bordi] In viaggio verso la felicità.

Raju sorride continuamente, con un sorriso aperto, buono, che spesso prorompe in una risata sonora, inattesa e non sempre del tutto motivata. È l’unico tratto da diciottenne in una figura che dimostra più anni di quelli che ha realmente, aspetto peraltro comune tra i suoi connazionali. Ha sulle spalle quasi 7500km, affrontati quando era ancora minorenne; “un viaggio verso la felicità” lo definisce lui. Ecco spiegato il motivo di quel sorriso costante, si potrebbe pensare, ma non è così: “Io sorrido sempre. Da piccolo, quando i miei genitori mi picchiavano per qualche motivo, io sorridevo. E mia madre mi domandava “perché sorridi anche adesso?!”. Un attimo di pausa, forse per mettere in ordine le parole in un italiano zoppicante, e poi ti sorprende con un’imprevista sortita intrisa di saggezza: “Tra 50 o 60 anni sarò morto, e io sorrido perché voglio essere felice. Non ha senso vivere con tristezza”. E giù un’altra sonora risata di fronte all’altrui stupore.

Spesso alcuni suoi connazionali si fermano per assicurarsi che sia tutto a posto, una forma di protezione dettata dal legame instauratosi all’interno della loro comunità, o forse la volontà di prendersi cura del più piccolo del gruppo. In realtà il legame è molto più stretto di quanto si possa pensare, poiché molti di loro sono parenti: “Quello lì è mio zio”- dice indicando una figura in lontananza -“io vivo insieme a lui. E con noi c’è anche mio fratello”. Raju è il più piccolo tra loro, ma di poco: lo zio ha soltanto 22 anni, e tra i 18 e 22 stanno anche la maggior parte degli altri, diversi cugini e molti amici d’infanzia. La sua casa è in via S. Giovanni, 200€ di affitto pagati ad un altro connazionale. Non è semplice cercare di risalire la scala gerarchica della loro comunità e Raju si dimostra molto meno ingenuo di quanto potrebbe apparire; schiva le domande fingendo di non capirle. Con candore afferma che, prima di partire, non sapeva nemmeno dell’esistenza della Sardegna. “Qui è bello, molto bello, la gente brava, la città mi piace. Però poco lavoro. A Roma, a Milano, a Londra, dove stanno altri miei amici, più lavoro. Ma qui a Cagliari meglio perché gente più brava, tutti salutano e parlano con me, e poi voi siete alti come da noi! Voglio rimanere qui per 5-6 anni, poi vediamo”.

È difficile immaginare che possa mantenersi così a lungo col suo lavoro, vendere rose, ma lui il problema non se lo pone nemmeno. “Lavoro 7-8 ore al giorno e guadagno 600€ al mese. 200 per l’affitto, 100 per chiamare a casa, in Bangladesh, e gli altri per vivere. Sono fortunato: non devo mandare soldi a casa. Altri invece sì…” aggiunge con uno sguardo vagamente malizioso prima di lasciarsi andare ad un’altra risata. Si ricompone subito quando sente pronunciare la parola ‘tasse’, e fa segno di no con la testa senza dire una parola, salvo poi soggiungere con un pizzico di ruffianeria “qui carabinieri, poliziotti, guardia di finanza tutti bravi. Tu sei poliziotto?” chiede a scanso di equivoci.

La risposta provoca l’ennesima risata, stavolta di sollievo. Ritorna serio in fretta, per congedarsi: “L’estate è il periodo migliore, è più facile vendere. Adesso diventa difficile, stasera non ho venduto neppure una rosa”- dice senza però dispiacersi più di tanto, d’altronde non ha senso vivere con tristezza… L’aria ingenua si disfa completamente prima dei saluti, quando Raju dimostra di sapere molto bene come vanno le cose nel mondo, o in un certo mondo, e che, in caso di necessità, saprebbe come fare per arrotondare il bilancio: “Tu sei bravo, io posso procurare una donna a te…”.




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